Quando ho sentito della morte di
Vincent Lambert, dopo una terribile agonia che si è “meritato” per il suo essere disabile,
avevo intenzione di scrivere un pezzo intitolandolo “Francia assassina”…
Sarebbe stato significativo, e in certa misura giusto, sottolineare che Lambert
è stato condannato dalle istituzioni mediche e politico-giudiziarie francesi,
quelle stesse che avrebbero dovuto difendere strenuamente il suo diritto a
vivere, nonostante il grave handicap e le condizioni minime di coscienza.
Quelle stesse istituzioni avrebbero dovuto impedire in ogni modo che un
qualsiasi aguzzino avesse potuto sfogare il suo sadismo, infliggendogli
l’orribile tortura di una morte per sete e per fame. Ma non è stato così. Il
ruolo del “qualsiasi aguzzino” è stato ricoperto proprio dalle leggi e dagli
uomini che avevano il dovere di proteggerlo. Quindi mai come in questo caso si
sarebbe potuto parlare di un “Francia assassina”. Poi mi è venuto in mente che,
purtroppo, casi come quelli di Lambert non sono nuovi in occidente e forse nel
mondo, si pensi solo alla povera Eluana Englaro. Vale a dire che, a pensarci
bene, esiste un peculiare internazionalismo
della morte, che in modo ideologico e ipocrita si ammanta di motivi
umanitari – “evitare che si viva una vita non degna di essere vissuta” (ma chi
decide quando una vita è degna?) – e che si sta via via capillarmente
realizzando. La forza degli internazionalismi è
nella loro astrattezza. Il loro odio per il particolare, il concreto, lo
specifico, la loro lotta contro le appartenenze che sono la condizione reale
dell’umanità, che non si dà mai come genere puro, ma come qualcosa di incarnato
qui ed ora: tutto ciò ha un fascino. Si tratta della possibilità di
semplificare, di costruire discorsi economici con poche proposizioni che
valgono per tutti; si tratta di annegare le differenze nel mare dell’indistinto,
di confondere i propri difetti nella
melassa dolciastra dove tutti siamo uguali; si tratta di quello sguardo superficiale
e facile che nella notte acquisisce la certezza granitica che tutte le vacche
sono nere. Questo fascino dell’indistinto è anche ciò che permette di
classificare le esistenze, misurandole sulla base di parametri generali:
la coscienza, le reazioni agli stimoli, i livelli di autosufficienza biologica,
i criteri di interazioni sociale, Non c’è il minimo tentativo di entrare in
empatia profonda con il fatto abissale che “quello lì” è una storia irripetibile
di valore infinito, una storia che nessuno ha il diritto di interrompere. Non c’è
alcun pudore di fronte al mistero di un’esistenza che, nella felicità come nel
dolore, non può mai essere qualcosa di disponibile e manipolabile. Fermarsi
alle soglie di quest’alterità particolare, insondabile, irriproducibile, e
perciò infinitamente preziosa, è operazione che comporta una grandissima
perdita di tempo e di energie, direi quasi uno spreco. Non è cosa che la
società accelerata dell’efficienza produttiva e del godimento istantaneo può
permettersi. Smettiamo di dire la verità consolatoria e confessionale che la
vita appartiene a Dio. Tale verità certissima in questi casi va taciuta. Perché
dà l’impressione che solo una minoranza nella società può difendere la vita, che
la lotta per la vita è cosa di una fazione, che peraltro fa appello a una presa
di posizione apodittica sulla realtà, come quella della fede. L’approccio che
fu di Cristo alla verità interna della persona umana deve invece essere di
tutti ed è la sola cosa razionale, la
sola cosa universalmente esigibile. All’universalismo astratto della morte, al
suo internazionalismo che globalizza la crudeltà indifferente e superficiale, e
che perciò è veramente apodittico, bisogna opporre l’universalismo della differenza personale,
dell’appartenenza di ciascuno al proprio insondabile mistero, alla propria
insondabile storia che si intreccia con la storia del prossimo, il quale a sua
volta è chiamato a sentirla sua e ad averne il rispetto che deve a se stesso e
al suo proprio mistero. I crimini della Francia sono dunque i nostri,
ogniqualvolta lasciamo spazio ai suoi mortali princìpi e non sappiamo
rivolgerci alla ragione … l’omicidio di Stato che si è consumato contro Vincent
Lambert è un omicidio-mondo …
N.B. I testi di questo blog sono liberamente riproducibili, ma non a fini di lucro e a patto di citare in modo chiaro e visibile la fonte (vendemmietardive@blogspot.com) e l'autore, mantenendo inalterato contenuto e titolo.
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