sabato 18 giugno 2022

Carl Schmitt, Donoso Cortés interpretato in una prospettiva paneuropea (riassunto)

 


Continuano le incursioni schmittiane per capire il presente, la guerra, la pace, l'amico e il nemico, la protezione, l'obbedienza, la fede e la sua mancanza e i processi di degenerazione che conducono a grandi passi l'Europa a morire in un limbo da fellahim, senza storia e senza qualità.

Il 1848 è un evento di portata europea, non solo perché coinvolge la maggior parte dei popoli continentali più in vista, ma perché dà origine ad una peculiare lotta per il senso storico-spirituale di questa esplosione gravida di conseguenze. Donoso Cortés ne rimane scosso, anche se non si può dire che la sua opera sia il prodotto di una sorta di "terrore" del ‘48. Egli è uno che ha avuto il coraggio di conoscere penetrare il senso di quegli accadimenti e oggi torna di attualità, dopo che il ‘48 è stato obliato da ipocrite e ottimistiche ideologie (oggi è la tragedia di due guerre mondiali a risvegliarne sintomaticamente la memoria). Sull'interpretazione di quell'anno, il fatto che il 1917 sia stato unanimemente considerato l'erede del ‘48 ha prodotto una specie di copyright ermeneutico socialcomunista. Ciò, mentre gli storici borghesi nascondono appena l'imbarazzo per la loro contraddizione che vede assieme disapprovazione per la repressione della rivoluzione e sollievo per il ritorno dell'ordine. Oggi però la situazione spirituale del 1848 non è attuale solo per i comunisti. La continuità dell'odierna situazione con il 1848 sotto una prospettiva non-comunista è sostenuta sotto tre punti di vista: quello di una prognosi di politica estera, quello di una diagnosi di politica interna e quello relativo a un parallelo storico universale.

1) Nocciolo della prognosi di politica estera è il fatto che le potenze europee dal 1848 non potevano più sentirsi padrone della Terra. La fine dell'epoca del Congresso di Vienna aveva determinato la fine dell'egemonia europea e l'emergere di grandi colossi come Stati Uniti e Russia. Tale prognosi è divenuta moneta corrente a partire dalla Seconda guerra mondiale. Coloro che per primi l’hanno elaborata sono però Tocqueville, Niebuhr, Bauer, insieme ovviamente a Donoso il quale afferma già nel 1847 che tre sole potenze avrebbero potuto da allora in poi avere una politica estera: gli Stati Uniti, la Russia e l'Inghilterra.

2) Tocqueville è anche il primo autore di una diagnosi storico-filosofico-culturale relativa all'"inesorabile processo di centralizzazione che, servendosi di tutte le forme statuali, di tutti i partiti di tutte le ideologie proseguiva inarrestabile" per trasformare l'umanità in un grande formicaio. Ciò è stato successivamente notato anche da Troeltsch, Weber e Spengler che ne hanno individuato la causa nella crescente diffusione della tecnica. Naturalmente anche Donoso è un eccezionale diagnostico della centralizzazione, sin dal suo discorso sulla dittatura del 1849, e parimenti intravvede la sua radice nella tecnica, le cui invenzioni, come ad esempio il telegrafo, vengono poste al servizio dell'onnipervasivo apparato amministrativo centrale. Nel discorso del 30 dicembre 1850 sulla situazione spagnola, egli parla altresì della centralizzazione assoluta e apoplettica che annienterebbe ogni corporazione intermedia qualora in Spagna salisse al potere un unico partito e occupasse ogni posizione.

3) Il parallelo storico-politico-universale conferisce alla visione della storia europea di questi autori continentali (tale per cui essi interpretano la loro stessa storia producendo appunto un'auto interpretazione) il suo senso autentico. Il parallelo è posto tra le seguenti epoche:

A) il periodo delle guerre civili romane e del cesarismo - e dunque la fine dell'eone precedente, individuato dalla civiltà antica e culminante con la Roma classica - e l'inizio di un nuovo eone con il cristianesimo;

B) il 1848, cioè la fine dell'eone cristiano e l'imminente inizio di un nuovo eone post-cristiano.

In Spengler questo parallelismo è sviluppato all'interno del suo "Tramonto dell'Occidente" e della sua teoria dell'evoluzione delle civiltà umane. Ma egli lo evoca nei primi anni del Novecento a partire da una tradizione consolidata nel secolo precedente. L'inizio di tale parallelismo, infatti, si trova in Saint Simon e nel suo “Nouveau Chistianisme”: la fine dell'eone cristiano è ovviamente considerato qualcosa di positivo in un'ottica socialista, cioè nella prospettiva dell’auspicabile sorgere di un nuovo potere spirituale che sostituisca la vecchia potestas cristiano-ecclesiastica del Medioevo. Successivamente Proudhon paragona il suo presente all'epoca inaugurata dalla battaglia di Azio, e concorda con il suo maestro circa l'inizio di una nuova epoca. In Engels, e non in Marx che detestava i parallelismi storici, è notata una relazione analogica tra nascita del socialismo sviluppo del cristianesimo. Bauer, in ciò avversato da Marx che vi fiutava un che di teologico, riprende il parallelismo tra il 19º secolo e il periodo della nascita del cristianesimo, e ne fa il nucleo della sua esistenza spirituale. David Strauss invece lo banalizza parlando in termini entusiastici della nuova era e paragonando il re di Prussia Federico Guglielmo IV, ancora attestato ad una prospettiva religiosa cristiana, a Giuliano l'apostata, il reazionario pagano sconfitto dalla storia. Il ragionamento di Strauss è molto rozzo: il vecchio muore, il nuovo vive; il cristianesimo è il vecchio; ciò in cui oggi crediamo, il progresso, libertà della scienza eccetera è il nuovo. In Renan, benché in forma un po' meno rozza permane l'idea di una lotta del nuovo contro il vecchio.

Tra gli autori citati, il più importante è indubbiamente Bauer. In lui la critica teologica e filosofica della ragione, e la critica testuale e biblica, si trasformano in critica epocale, senza diventare come in Marx un'arma ideologica volta ad annientare il nemico. Convinto che le rivoluzioni future avrebbero danneggiato e dissolto i popoli dell'Occidente, egli attende incrollabile il nuovo eone e nella propria esistenza riconosce quella di un protocristiano che attende un regno terreno nuovo, non più cristiano. Tra gli ultimi importanti autori da citare vi è certamente Kierkegaard, il quale, pur critico del suo tempo, vede e interpreta però il cristianesimo come la contemporaneità del Cristo crocifisso e nel suo valore esistenziale per un individuo come qualcosa che travalica ogni situazione storica. Per questo in lui il parallelismo si dissolve immediatamente insieme alla storia della cristianità.  Donoso a proposito dello spirito dei tempi è colui che compie una decisiva diagnosi storico-filosofico-culturale dell'inarrestabile centralizzazione, tecnicizzazione e democratizzazione. Contro l'ottimismo dominante, egli vede che il telegrafo e la ferrovia comportano una dittatura centralizzatrioce e livellatrice molto lontana dalla coincidenza, da lui negata, di progresso tecnico e morale. Per lui il parallelo storicistico fra il suo presente nell'epoca del cristianesimo delle origini non può avere lo stesso significato che per un hegeliano tedesco come Bauer, o per un anarchico come Proudhon. Non ci sono nel 1848 nuovi popoli e una nuova fede nascente, e nessun ragionevole ottimismo: questo è immediatamente chiaro alla sua esistenza spirituale e morale.

I grandi d'Europa non compresero Donoso e nemmeno il rapporto della sua fredda attività diplomatica con la sua calda retorica. Mentre Kierkegaard, con il suo cammino interiore, conduce fuori dalla storia, la fede di Donoso lo porta dentro di essa e gli consente di tener testa come nessun altro al monopolio dell'interpretazione storica socialista. Donoso comprende che la pseudo religione della tecnica apre la strada a un terrore senza fine e prevede il mare di sangue in cui sfoceranno le correnti rivoluzionarie. Le sue parole sono quelle di un uomo che si affaccia sull'abisso della natura umana e sull'abisso delle forze che si servono dell'idea di un'umanità assoluta per dichiarare ogni oppositore una bestia. Egli sa che i paradisi che promettono tali forze si trasformano in inferni reali. Allo stesso modo sa che l'uomo non è la quintessenza della pace e che il concetto di uomo contiene solo un’apparente neutralizzazione dei contrasti fra gli uomini poiché si porta sempre con sé, come contrario dialettico, quello di non-uomo, dotato del più terribile potenziale distruttivo. Già la semplice parola non-uomo spalanca un orribile abisso di inimicizie per cui il rapporto uomo/non-uomo viene meglio a definirsi e prepara le categorie di superuomo e sottouomo. Il pensiero della nuova pseudo religione dell'umanità, che si serve di tutti i mezzi tecnici per eliminare il nemico nega ogni relativizzazione dell'uomo fondata sulla trascendenza e sull'aldilà, e cerca di eliminare persino ogni negatività nel puro aldiquà. Ciò fa nell'intento di fornire agli eletti di una nuova umanità il paradiso di un'esistenza puramente terrena. Donoso non è stato capito sia dagli amici, sia dagli avversari conservatori, liberali e borghesi: solo i suoi acerrimi nemici socialisti hanno capito qualcosa perché egli contestava loro il diritto di interpretare la storia come legittimazione della loro violenza rivoluzionaria. Proudhon lo vede come epigono degli inquisitori, Herzen come un apostata reazionario della nuova religione dell'umanità. Marx invita a ignorarlo come puro ideologo della classe dominante. In effetti dopo il 1848 cala il sipario su Donoso. Solo nel ‘900, in mezzo ad una miscela di guerre fra Stati e guerre civili, può risplendere il senso trascendente delle sue parole che ci fanno presente come oggi l'Europa non è incalzata da civilizzazioni estranee, ma dai risultati e dai prodotti dello stesso spirito europeo. Di qui la prova cui si sottopone il Dio presente, di là da ogni parallelismo storico.

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