"Sotto portici dipinti”: il titolo del libro fa riferimento alla stoà poikilè, il portico dipinto eretto all’inizio del V sec. a.C. nella parte settentrionale dell’agorà ateniese, al riparo del quale Zenone di Cizio (336/35-264/63), il fondatore di quella che per questo motivo sarebbe stata chiamata “scuola stoica”, amava discutere di filosofia e scambiare le sue acquisizioni con i compagni di avventura del suo itinerario teoretico. L’idea è che ovunque si incontrino persone che desiderano approfondire seriamente e dialogicamente la filosofia e i suoi problemi, lì vi sia un portico dipinto, un luogo dove le pressanti necessità della vita e le tempeste che essa produce vengono per un attimo messe a tacere per rivolgere loro lo sguardo riflessivo del logos.
La consulenza filosofica è una disciplina che propriamente
va alla ricerca di questi luoghi, li prepara, li inventa, li allestisce, nella
convinzione che in essi la vita umana trovi la sua cifra autentica. La
filosofia è sempre una richiesta di sapere su ciò che veramente conta, che
incontra una qualche proposta di approfondimento da parte di chi, su tale via
del sapere si trova già in cammino. Per questo ha la natura di una
consultazione. Non si tratta tuttavia di una semplice relazione domanda-riposta,
ma di una dialettica, dove chi porta in comune un certo problema non si
accontenta finché non accede a una dimensione di verità che può condividere
sinceramente e senza riserve, pur dentro i ragionevoli dubbi alla quale la
nostra condizione umana ci condanna. Ma tale dimensione ha una profondità tale
che, a partire dalla discussione, mette in gioco pure colui che appariva più
esperto e si trovava per così dire in una posizione “avanzata” … lo mette in
questione, lo trasforma, lo sottopone a nuovi rigori della ragione e della
conoscenza. Ciò fa sì che non esista un rigido rapporto gerarchico tra i
dialoganti, ma che ognuno riconosca e omaggi quella verità sulle cose, sul
mondo e sulla vita che è posta alla fine, quale scopo e meta del camminare
assieme.
Per questo la consulenza filosofica è protesa in avanti
verso il suo inarrivabile compimento, verso il suo ideale obiettivo di pienezza
del sapere: un’utopia stimolante e mobilitante. Ma è vero che anche il passato
conta. Essere nani sulle spalle di giganti e comprendere il carattere
ineludibilmente e intrinsecamente storico del pensare è fondamentale. Anzitutto
consente di non crescere nell’orgoglio, la fine di ogni ricerca e il veleno di
ogni verità. Poi mette in moto quel carattere intersoggettivo dell’indagine
filosofica che non è solo sincronicamente legato al dialogo che avviene qui ed
ora, ma ha un carattere diacronico e si rivolge alle pietre miliari della
filosofia che, pensando, hanno messo in circolo problemi e soluzioni
fondamentali, dai quali non si può rifuggire se non si vuole cadere in pessime
banalità autoreferenziali.
Ecco allora che la
filosofia-consulenza filosofica invita a uscire da sé, a instaurare dialoghi
coi vivi e coi morti, a cogliere la dimensione infinita della ricerca ma anche
la stabilità e irreversibilità di alcune conquiste, pur nella loro continua
revisione e nel loro incessante
approfondimento. Seguendo tale prospettiva, in questo libro ci si è sforzati di
dare conto di un reale itinerario di consulenza filosofica, che si è appoggiato
alla personalità e alla biografia dei soggetti coinvolti, ma che ha anche
puntato coinvolgere i grandi della storia del pensiero, in vista di quel
superiore rigore e di quell’apertura alle più diverse e sorprendenti
suggestioni che essi procurano allo sguardo del lettore attento e curioso. Di
qui l’incontro coi presocratici e con Platone, dai quali è venuta a noi europei
la nozione stessa di verità e quella corrispondente di menzogna, cioè è nato
sostanzialmente l’oggetto interno della filosofia, quello senza il quale la
disciplina perderebbe immediatamente il suo significato sia tecnico sia
esistenziale. Un passaggio attraverso i loro scritti e le loro opere ci ha
confermati nella visione di questa centralità della verità e della menzogna e
ci ha spronati a coglierne per loro mezzo il carattere dialettico-dialogico.
Abbiamo capito che il metodo della filosofia è anche il suo contenuto:
la verità filosofica dentro il dialogo si sviluppa come verità dialogante e
dialettica in cui gli opposti si confrontano e vengono messi alla prova, in
modo tale che ogni verità è oggetto di una visione di insieme che via via si
articola escludendo ciò che solo appare vero, ma portandolo con sé
quando è necessario definire un campo e stabilire dei confini.
Qui è l’opera del logos: assumere un punto di vista
dall’alto, vedere l’insieme delle cose assolutamente, in quell’universalità
sciolta dalle catene delle relazioni abituali,
e poi, però, procedere verso l’interno, dimodoché la verità generale
trovi specificazione e determinazione nelle sue componenti particolari e
singolari che nel tutto si trovano articolate e coimplicate. La
dialettica-dialogica di Platone, che si trova a compimento di una storia
presocratica e socratica, si propone come metodo-contenuto della filosofia che
ha una forza conoscitiva ma anche etica: è la via per capire metafisicamente il
mondo , ma anche per evitare le derive illusionistiche di chi scopre nell’arte
di argomentare una disciplina utilitaristica e, aggrappandosi a quella,
individua una strumentalità carrieristica estremamente umiliante per la natura
stessa del logos. Se questo è, infatti, la natura umana, ogni sua
strumentalizzazione coincide, come capirà Kant, con una strumentalizzazione
dell’uomo che va sostanzialmente a scapito della sua dignità. Nella lotta
antisofistica, Platone aveva già intuito l’enorme posta in gioco, sotto tale preciso profilo etico, e al tempo stesso
l’occasione per dare una nuova identità più matura e vasta alla sua filosofia.
Noi vi ritroviamo la percezione del valore degli assoluti metafisici e morali,
ma anche la necessità di non cadere nelle semplificazioni che sovrappongono l’assoluto
al complesso come reciproci nemici.
Così pare abbia fatto, con la genialità che lo
contraddistingue, Carlo Michelstaedter, proprio sviluppando una specifica
interpretazione di Platone e insistendo sull’enorme fascino degli aut aut,
contrapposto a tutte le retoriche sociali e culturali della dilazione e del
compromesso che, a partire dalla prospettiva alta della Grecia classica si sono
venute via via volgarizzando nella storia, per diventare il senso comune di una
morale dell’utile, del comodo e della sistematica elusione del vero e del bene.
Ci è sembrato quindi obbligatorio, al di là dei nostri personali gusti – che
tuttavia hanno avuto un ruolo – affrontare lo scoglio del filosofo di Gorizia
dopo aver attraversato in parte quelli di Atene.
Il risultato non lo
anticipiamo. Ma la pretesa possiamo dirlo fin da adesso, è quella di aver detto
qualcosa a noi stessi e di noi stessi, senza tuttavia fermarci qui. La
filosofia è cura di sé e racconto di sé, ma non può non essere al tempo stesso
cura e racconto degli altri e del mondo. Nel nostro specifico: cura e racconto
dei filosofi che ci hanno accompagnato, da un lato, e dei problemi che
attanagliano la nostra post-modernità, dall’altro. Se l’obiettivo è stato
raggiunto almeno in parte spetta al lettore dirlo… se così non fosse, il percorso
presentato in questa cronaca potrà almeno divenire la testimonianza di
un tentativo che di per sé ha valore a prescindere dai risultati.
Bellissima presentazione, viene davvero voglia di leggere il libro
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