sabato 8 febbraio 2020

Conversazioni del Partagas

Si dice che san Francesco in punto di morte chiese a madonna Jacopa de’Settesoli uno di quei biscottini di cui andava matto: “Porta con te un panno di colore cenerino per avvolgere il mio corpo e i ceri per la sepoltura. Ti prego anche di portarmi quei dolci, che tu eri solita darmi quando mi trovavo malato a Roma”… La pia donna subito, prima che morisse, glieli portò, con gran gusto del santo. Ecco un esempio fulgido di mistica occidentale. L’uomo dell’ascesi, della povertà e della croce muore assaporando uno squisito biscottino. Il mondo e le sue piccole cose si prendono la rivincita sull’Eterno. Perché forse il senso della vita non sta nell’Eterno. L’Essere è eterno e l’eternità la lasciamo volentieri all’Essere. Per noi le piccole cose e i piaceri solo nostri. Ricordo la gioia di mio padre poco prima di morire. L’ultima sua gioia: lo aiutai a lavarsi e gli preparai da mangiare. Mangiò con gusto quattro bocconi contento di profumare di schampoo, Lo lasciai a casa con una dolcezza infinita. Io e lui conoscevamo il suo destino. Era la sua, era la mia piccola ribellione all’Eterno, la rivincita dell’insignificante quotidiano … però suo, però nostro. Poi morì senza una parola di lamento, leggendo quella sera in ospedale il suo solito libro, la sua solita rivista. Mi lasciò il segno sull’immagine di papa Benedetto ... con una bella croce al collo. Mi lasciò senza parole, dicendomi, col suo silenzio senza un lamento, come deve morire un uomo. Compiendo sino all’ultimo i suoi gesti. Solo, tra le rovine di una vita che si sgretolava fra le sue mani, ne affermò imperiosamente l’esclusiva proprietà. Così rispondeva al senso della croce: la croce distrugge l’Eterno: scendi se puoi, se sei Dio! L’incrocio è il dolore, la verità del dolore, la verità è il tuo dolore. La croce redime dal gran mare dell’Essere, dalla pace  cimiteriale del gran mare del nulla di noi, di quello che realmente siamo, della nostra irriducibile differenza. La sua esistenza si è dimostrata superiore all’essenza, come ha definitivamente gridato Cristo in croce. “Elì, Elì perché mi hai abbandonato?” Sei solo, padre: Dio ti ha abbandonato per redimere te e nessun altro, perché tu solo non sei uguale a niente,  tu perché da solo sei grande e sei grande perché non sei tutto,  perché sei solo tu. Dio abbandona il Figlio perché vuole lasciarlo alla sua storia … per non somministrargli la fregatura del dolce annegare nell’infinito, per non farlo perdere  nel Tutto. Abbandonata la matrice amniotica e l’indifferenziato, siamo gettati nella vita per non essere solo un  segmento. Mi dice l'amico Yanez, tra noi, fumando un sigaro e bevendo un bicchiere: i segmenti si disperdono nello spazio per venire riassorbiti. Semirette e punti vorrei che fossimo, proteste iperboliche, tangenziali, secanti  l’Essere ben rotondo, fiamme che esauriscono e bruciano l’infinito nell’istante. Quando sarà il mio momento, pregherò per avere un biscottino, per lo sguardo di un figlio o di un amico, per salutare qualcuno dandogli del tu, come ho sempre fatto, per gustare ancora un momento dei milioni che ho vissuto, per sentirmi solo di fronte a un altro, trovando nel suo sguardo la conferma di essere ancora io … Il mio mondo la mia città, la mia bandiera, i miei oggetti, la mia donna mi accompagnino nel viaggio … soli con le nostre solitudini bellissime potremo sostare alle rive dei fiumi dove scorreranno solo per noi latte e miele: "Sì, come i nuovi cieli e la nuova terra, che io farò, dureranno per sempre davanti a me - oracolo del Signore - così dureranno la vostra discendenza e il vostro nome" (Is 66,22).

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