Qualche
giorno fa su invito di Marco Gregoretti, e grazie alla mediazione della cara
amica Paola Frassinetti, ho partecipato a un incontro sulla DAD (di cui è
riprodotta quassù la locandina), la famosa didattica a distanza, cioè le lezioni da casa via web con le quali milioni di studenti si sono dovuti confrontare nell'ultimo anno di emergenza-covid. È stata per me un’occasione preziosa di
riflessione per capire il significato di una prassi cui mi sono visto costretto
e che, nel vortice degli impegni lavorativi, rischiava di passare in automatico
come l’inevitabile portato degli eventi drammatici che stiamo vivendo con la
pandemia. Ringrazio quindi moltissimo il promotore di un’iniziativa
interessante e lodevole, perché ha deciso di coinvolgermi e perché in questo
modo mi ha aiutato a fermarmi, a pensare, a coinvolgere a mia volta in questa
pausa i miei studenti – i bravissimi ragazzi (le ragazze, in realtà, con la
preziosa presenza dell’unico maschio, simpaticamente chiamato “el hombre”)
della mia quinta europeo-linguistico, ormai pluricitati in questo blog. Da una
simile felice convergenza di energie intellettuali, cui hanno contribuito anche
tutti i partecipanti al dibattito - e in particolare il prof. Meluzzi, con il
quale il dialogo è stato specialmente fecondo – sono nate le considerazioni che
seguono.
La domanda che mi è stata posta è la seguente: "Che cosa resta della DAD ai ragazzi?". Io, per non parlare solo a partire dalle mie personali opinioni, l'ho girata ai ragazzi stessi e ne ho tratto indicazioni assai interessanti. Vediamole.
Quasi scontata è la
questione della socializzazione. Ciò che manca è la scuola come ambiente, non
solo dell’apprendimento curricolare, ma anche di tutte le attività collaterali
(incontri con personalità esterne, volontariato, sport, corsi pomeridiani etc.)
… e poi mancano le ulteriori iniziative di contorno, così importanti sotto il
profilo umano e formativo come gli stage, i viaggi di istruzione etc. Ma
su ciò già si è detto molto ed esiste financo una certa letteratura.
Più interessanti sono le osservazioni su
quanto avviene (o non avviene) nella "classe" virtuale durante le
lezioni. Innanzitutto, non essere nel contesto scolastico ma a casa, rende
difficile la concentrazione: a casa può succedere, e a volte succede, di tutto.
Ma poi, e ciò ha grande rilevanza, la lezione non è cinestetica, cioè non lega
la parola al gesto e al movimento del corpo: non vi è il coinvolgimento di più
sensi che favorisce il rapporto interno e fecondo tra pensiero e sensibilità.
Infine, nella DAD manca la relazione biunivoca con lo sguardo dell'insegnante.
Esso non scorre sugli alunni e non li incontra. Non c'è reciprocità del
guardare e del sentirsi guardati, che è elemento fondamentale di ogni rapporto
umano e che attraversa diverse dimensioni: quella della comunicazione non
verbale e intuitiva, quella dell'emotività e infine, la più importante, quella
etica che attiene al volto come espressione dell'essere-persona e del suo
valore. Da un lato “volto e discorso sono legati. Il volto parla”[1];
dall’altro “l’epifania del volto è etica”[2]: “la
relazione al volto è immediatamente etica”[3], perché rivela
immediatamente l’interiorità, profondità, bellezza e intangibilità di chi ti
sta di fronte, come dice Emmanuel Levinas … però da remoto tutti vedono il
professore ma non sanno se sono guardati da lui. Dal suo canto, il prof. vede
tutti sullo schermo ma non incontra nessuno. Ciò vuol dire che non c'è più quella
relazione vera io-tu, quella verità totale della persona che si offre sempre
nello sguardo altrui. Oltretutto, segnalano gli studenti, non c'è più nemmeno
l'immediatezza dell'intervento e della domanda nella semplice reazione
visivo-corporea a ciò che viene comunicato nella lezione. Insomma, nella DAD i
sensi e con essi, si direbbe, la vita, sono sottoposti alle pesanti limitazioni
del mezzo. In particolare, lo è la vista: rimane la lezione nella forma
auditiva alla quale è stata sottratta appunto la ricchezza dei gesti, dei
movimenti (cinestesia) e degli sguardi.
Questo è il resoconto dei
miei ragazzi - all'ultimo anno del liceo
linguistico-europeo - di per sé interessantissimo e acuto. Le loro
considerazioni sono emerse durante un'ora di lezione e gli interventi, non precedentemente
preparati, risultano freschi di tutta la loro spontanea intelligenza. Proprio per tale motivo, non ho potuto fare a
meno di associare già qualche riflessione, che vorrei proseguire domandandomi come
si può caratterizzare la situazione da loro descritta e come essa provochi
ulteriormente il pensiero. La risposta a cui sono pervenuto è nella tesi
secondo cui la DAD comunica una cultura senza corpo. Nella DAD possono
anche essere trattati e felicemente recepiti contenuti importanti, Ma questi
contenuti risultano disincarnati. Il loro essere senza carne ne rende difficile
anzitutto la memorizzazione - perché anche la memoria è cinestetica -, poi la
gestione logica - i concetti si collegano meglio quando sono chiari e sono
chiari quando sono associati a emozioni e situazioni - infine una comprensione
più profonda in relazione alla vita concreta - perché la vita concreta ha un
senso indissolubilmente legato alla completezza della nostra corporeità. Allora
è inevitabile che sorga il seguente dubbio: tutti questi fattori non rischiano
di trasformare la conoscenza, oggetto e fine delle lezioni, in una gnosi?
Che cosa è una gnosi? Lo
gnosticismo è un'antica eresia cristiana che ambisce a purificare il messaggio
di Gesù da tutto ciò che è corpo, carne e natura. Lo gnosticismo è una eresia spiritualista
che taglia l'uomo a metà: lo spirito buono da una parte, la carne cattiva
dall'altra. Per gli gnostici l'uomo autentico è il suo spirito, da
identificarsi in un frammento dello spirito divino, caduto in un corpo per una
sorta di colpa originaria, il cui obiettivo è quello di ricongiungersi con il
dio, liberando l'anima dalla prigione materiale. La gnosi è la conoscenza che,
mediante un esercizio purificato e disincarnato della ragione, conduce l'uomo a
realizzarsi negando l’immanenza naturale, biologica e carnale che è origine di
tutti i suoi mali. Si può allora comprendere perché la gnosi è un rischio. Vi è
un’antropologia inquietante e irrealistica nel considerare un’intera regione
dell’essere come qualcosa che va rifiutato. Vi è un dualismo singolarmente
fanatico in questo dire di no alla creazione. Vi è la perdita di tutto un
universo estetico, dove rilucono armonia e splendore, in tale cupo e astratto
moralismo che per esaltare il buono, umilia la densa e immediata presenza del
bello.
Ma qui non siamo solo nelle altezze della pura riflessione teologica e metafisica, perché lo gnosticismo ha un ben preciso significato e ben precise conseguenze sociali e politiche. Su ciò è stato scritto moltissimo ed è difficile operare una sintesi, seppur breve. Qui si diranno solo due parole a partire dal concetto di negazione del mondo. Che cosa significa negare il mondo in un'ottica gnostica?
-Significa anzitutto farlo esplodere con la dinamite di una ragione pura, ad esso estranea ed eversiva. L’antica setta gnostica degli Ofiti, gli adoratori del serpente, interpretarono il serpente stesso, invertendo il suo significato assiologico, come la ragione che sopra ogni altra fa esplodere il mondo. Il serpente insegnò ai primi uomini a mangiare dall'albero della conoscenza, stando appeso all'albero come "larva della dea ragione".[4] Una dea ragione che prima di essere adorata dai protagonisti del Terrore, con la piantumazione degli alberi della libertà, a sua volta, evidentemente, stava appesa a un albero per consegnarsi agli uomini nella sua funzione di eversione del creato.
- Negare il mondo vuol dire essere altresì nemici di ogni autorità civile in quanto tale. Ancora la gnosi ofita dice che chi è introdotto alla vera sapienza è abasileutos (senza re, senza un'autorità che lo governi), ossia è qualcuno - individuo o gruppo - che appartiene a una realtà superiore e che si ritiene non-dominato da alcuna delle potenze che reggono quel mondo al cui vertice sta il suo "demiurgo" (dio creatore e dominatore malvagio) con i suoi arconti (ministri e collaboratori)[5].
-La negazione del mondo implica poi essere decisi oppositori di ogni istituzione esteriore. Jacob Taubes così caratterizza il millenarismo, non privo di tinte gnostiche, di Gioacchino da Fiore: la luce interiore di una Chiesa spirituale riduce in cenere le mura delle istituzioni esteriori. Essa diviene fiamma divorante che si trasforma in fuoco sulla terra e che giustifica il diritto alla violenza dei buoni[6]. La pura ragione si associa sempre alla violenza dei buoni contro il mondo dato, ricevuto, "istituito" su cui ancora la ragione non ha esercitato la sua forza divorante.
-Negare il mondo vuol dire anche essere nemici del diritto e della giustizia legale in funzione di una falsa misericordia che abbandona gli innocenti e premia i criminali. Lo gnostico Marcione ritiene che Gesù, il sabato santo, sarebbe sceso agli inferi per liberare ribelli, impostori e assassini dell'Antico testamento[7].
-Infine negare il mondo è negare tutto ciò che vi appartiene: proprietà, famiglia, matrimonio, generazione, la stessa natura. Per i catari, gnostici medievali, la natura cosmica, creata da un dio cattivo, coincide con le tenebre, che parimenti avvolgono la natura sessuata, il diritto naturale, le differenze naturali tra uomini e popoli, tutte le abitudini naturali financo nel campo alimentare, dove essi vietano i cibi carnei perché provenienti da esseri che si sono sessualmente riprodotti. Il rifiuto del mondo in loro arriva fino all' "endura", cioè alla morte per fame[8].
Il significato politico complessivo di tali negazioni può essere individuato in quanto ha rilevato Eric Voegelin: “Il tentativo di creare un mondo nuovo è comune a tutti (i movimenti gnostici della modernità, n.d.r.). Intraprendere un tentativo del genere può avere senso soltanto se la costituzione dell'essere può effettivamente venire modificata dall'uomo. Il mondo, tuttavia, resta quale a noi è dato e non rientra nelle facoltà umane la possibilità di cambiarne la struttura. Al fine non di rendere possibile l'impresa ma di farla apparire possibile, ogni intellettuale gnostico che elabora un programma di trasformazione del mondo deve prima di tutto costruire un quadro del mondo dal quale siano stati eliminati quei caratteri essenziali della costituzione dell'essere che farebbero apparire disperato e insensato il programma stesso”[9]. Bisogna che sia pensabile produrre una “catarsi” radicale del mondo. E come è possibile? Secondo le significative parole del cattolico-marxista Harvey Cox ciò accade quando ci si rende conto che “una teologia rivoluzionaria, come una teoria rivoluzionaria, deve dare un posto alla catastrofe, nel senso tecnico di un evento che rovescia l’ordine delle cose”[10]. Si badi bene, non l’ordine sociale, ma l’ordine delle cose: una teoria rivoluzionaria distrugge l’ordine dell’essere, prima ancora che le società esistenti. Per questo motivo il mito gnostico del mondo nuovo è dottrina della rivoluzione intesa non in senso politico, ma, ancor più radicalmente in senso ontologico – perché è l’essere che non va bene - ed è sempre per tale motivo che ha affascinato tutti i rivoluzionari politici dell’epoca moderna, che sono diventati gnostici per la seduzione di aver dato alla loro sete di giustizia sociale un fondamento assoluto. Ma questa sete diviene più o meno consapevolmente cupio dissolvi, voglia di catastrofe. Come quelle ripetutamente sperimentate nel Novecento.
Il Novecento adesso è
passato, ma, visti nel loro insieme, temi della negazione gnostica del mondo
possono apparire ancora un ottimo spunto per un breve ritratto della società
contemporanea e delle ideologie in essa dominanti.
-Si pensi per esempio
all'utopia tecnologica e tecnocratica di una società di uguali, senza alcuna
autorità e governata da apparati anonimi.
-Si diriga l'attenzione alla
lotta contro la storia, la tradizione e il passato nei movimenti cosiddetti
"cancel culture";
-si rifletta sul genderismo
e la sua avversione contro la natura sessuata e l'istituzione matrimoniale e
familiare che ne discende;
-si tenga presente
l'ingegneria sociale che, in nome delle astrazioni della dea ragione
egualitaria, punta a una società globalizzata, multirazziale e multiculturale
-si consideri infine il
rapporto del lavoro, cioè il sangue e il sudore degli uomini, e della ricchezza
che ne deriva, con la sua spiritualizzazione finanziaria, che genera flussi di
denaro totalmente virtuali e tuttavia capaci di distruggere l'economia reale.
E a proposito di élites bisogna
sottolineare, a scanso di equivoci complottisti, che non c'è alcun grande
burattinaio, né alcun soggetto individuale a guidare i processi su accennati. La
cosa è al tempo stesso meno apocalittica e più preoccupante, perché se manca il
grande e onnipotente cattivo, ciò parimenti significa che gli sviluppi
della società contemporanea sono policentrici, impersonali, affidati più agli
automatismi dell'apparato che non alla volontà dei singoli. Nondimeno i singoli
e gruppi, sotto il profilo politico, ne rappresentano il necessario carburante.
La loro azione e il loro progetti non sono quindi indifferenti. In Italia come
in Europa v’è una serie di soggetti politici con ben definite visioni dell'uomo
e della convivenza, che lavorano sempre e indefessamente per il re di Prussia e
la cui attività si riverbera in modo estremamente negativo sui più negativi tra
i processi sociali.
Pertanto, facciamo
attenzione! Perché la scuola è ritenuta da quegli stessi soggetti, un momento essenziale
di riproduzione e conferma dell'evoluzione sociale. Ad essa è affidata la
funzione imprescindibile del suo necessario consolidamento. Allora andiamo a
vedere dove si elaborano i documenti della nuova scuola 2.0, nelle fondazioni,
nei think tank internazionali, negli organismi europei ad hoc,
nelle organizzazioni non governative. Lì stanno, lì lavorano e agiscono i
nemici di una visione tradizionale, realista, nazionale della cultura,
incarnata nella vita nella storia dei popoli e dunque cristiana in duplice
senso: nel senso della nostra appartenenza e nel senso del valore universale
dell'incarnazione. Lì, dove in nome delle astrazioni gnostiche si combatte tale
cultura, precisamente in quei luoghi si trovano i nostri nemici, e per la
politica, la cui passione ancora ci cattura, saper individuare il nemico, come
diceva Carlo Schmitt, è il passo fondamentale.
[1]
E. Levinas, Totalità e infinito, tr. it, Jaka Book, Milano, 1980, p. 204
[2]
Ibidem.
[3]
E. Levinas, Etica e infinito, tr. it., Città nuova, Roma, 1984, p.101.
[4]
E. Bloch, Ateismo
nel cristianesimo. Per una religione dell’Esodo e del Regno, tr. it.,
Feltrinelli, Milano 1990, p. 221
[5]
G. Filoramo, Problemi
di teologia politica nei testi gnostici, in P. Bettiolo – G. Filoramo
(edd.), Il dio mortale. Teologie politiche tra antico e contemporaneo, Morcelliana,
Brescia 2002, pp.193-204, qui p. 199.
[6]
J. Taubes, Escatologia occidentale, tr. it., Garzanti, Milano 1997, p.
117.
[7]
Sulle conseguenze contemporanee della gnosi marcionita cfr. J-L Harouel, I
diritti dell’uomo contro il popolo, tr.it. LiberiLibri, Macerata 2018, pp.
49-67.
[8]
Anticipazione profetica di una tragedia contemporanea che affligge molti adolescenti,
nei quali l’odio per il corpo è diventato una devastante condizione
esistenziale. Per un accesso diretto alle fonti dello gnosticismo cataro cfr.
F. Zambon, La cena segreta. Trattati e rituali catari, Adelphi, Milano
1997.
[9]
E. Voegelin, Il mito del mondo nuovo, tr. it. https://www.rassegnastampa-totustuus.it/cattolica/wp-content/uploads/2014/07/IL-MITO-DEL-MONDO-NUOVO-E-Voegelin.pdf,
p. 11.
[10]
H. Cox, La città secolare, tr. it. Vallecchi, Firenze, 1968, p. 120.
[11] Cfr. M.
Heidegger, La questione della tecnica, in Idem, Saggi e discorsi,
tr. it, Mursia, Milano, 1991, pp. 5-27: “Il disvelamento che governa la
tecnica moderna ha il carattere dello Stellen, del
"richiedere" nel senso della provocazione. Questa provocazione accade
nel fatto che l'energia nascosta nella natura viene messo allo scoperto, ciò
che così è messo allo scoperto viene trasformato, il trasformato immagazzinato,
e ciò che è immagazzinato nella sua volta ripartito e il ripartito viene
diviene oggetto di nuove trasformazioni" (p.12). La natura soggetta a tale
processo prende il carattere di “fondo” cioè di qualcosa a disposizione, da “impiegare”
in processi di trasformazione e manipolazione infinita.
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