L’abiura è tecnicamente “la
rinuncia solenne alla propria confessione religiosa”. Potrebbe essere l’esito
di un travagliato percorso di revisione della propria vita. Ma in questo caso l’elemento
della solennità non appare necessario. La solennità per lo più si situa all’incrocio
dell’interesse di chi la proclama e di chi la auspica, desidera, o addirittura
la impone dall’alto con la forza del potere, del ricatto, della minaccia o della
tortura. Quindi se io minaccio Tizio per farlo abiurare, dalla sua abiura
ottengo un vantaggio e genero in lui un interesse ad abiurare per evitare danni
maggiori. Un incrocio di interessi, appunto: le guerre di religione vedono il
proliferare di questi atti, come pure le guerre ideologiche, che ne sono il
riflesso secolarizzato.
La nostra epoca post religiosa non è diventata
post ideologica, anzi! La recrudescenza del conformismo sociale attorno a
tre-quattro dogmi politico-sanitari oggi più che mai lo conferma. La carenza di
legittimazione delle democrazie liberali - che, nel nome dell’individuo e dei
suoi “diritti” hanno segato le gambe a ogni etica condivisa e al concetto
stesso di bene comune - necessita improvvisamente di dosi massicce di credenze
artificiali con cui sostituire l’appartenenza di un popolo alla sua storia
etico-culturale e per mezzo delle quali impedire l’inevitabile disgregazione del tessuto sociale.
Ecco allora la mitopoiesi neo-liberale e neo-democratica, le cui centrali di
elaborazione sono le università statunitensi e il cui megafono è Hollywood, che
genera una sua dottrina, un suo catechismo e infine, poiché si tratta pur
sempre di ideologie e miti politici, un suo nemico.
Naturalmente il nemico non può
che essere il fascismo, ossia il collettore di tutte le fantasie apocalittiche e
di tutti gli incubi gotici del mondo anglosassone e della sua connaturata
allergia per la storia e la complessità.
Il fascismo è oggi lo strumento
di caccia prediletto del sofista politico, l’esca da gettare in mezzo alle
tonnare dei fridays for future, dei sindacati, del variegato mondo LGBT,
degli elettorati democratici, dei salotti che contano … per fare sempre gran
bottino a beneficio della conservazione dell’esistente. Perché il pastone "violenza, oscurantismo, machismo, bellicismo, dittatura" ha un’incredibile attrattiva
per i palati poco esigenti: il fascismo è l’all you can eat della
ristorazione politica, per chi ha fame di carriera, certezze e soldi… e per chi
teme con tutte le possibili tremarelle i menu nuovi e la fine dei cibi
spazzatura.
Questo si sa.
Meno scontato è che, qui da noi,
qualcuno, a destra, sia disposto a entrare in quest’ottovolante del pensiero e
della politica, in questo festival del girare e rigirare, del negare e
rinnegare, del giurare e spergiurare concetti, posizioni, identità per smania
di accreditarsi, per smania assoluta di entrare, di partecipare
al banchetto nella veste di cane cui il padrone ogni tanto getta l’avanzo da
spolpare.
Questo non va.
Anzitutto diciamo che c’è un martirologio
da rispettare. L’antifascismo ha mietuto vittime. Tutte regolarmente
rivendicate, tutte regolarmente e periodicamente insultate da qualche caporale,
sergente o colonnello di qualche brigata, in qualche occasione, in qualche modo
ignobile e repellente. Antifascisti no, mai, per rispetto ai morti, ma anche, certo
secondariamente, ma obbligatoriamente, allo stile, a quel minimo di educazione
dell’anima e dei sentimenti che chiede silenzio per il proprio dolore e lo
offre al dolore altrui. E invece no. Qualcuno vuole ricordare con pubbliche
cerimonie i morti altrui e accetta il vituperio sui propri. Non ci siamo!
A ciò aggiungiamo che non si
violenta la storia. Che siamo stufi delle trite e ritrite versioni
terzinternazionaliste del fascismo. Che i libri che ci vogliono svelare, a
settant’anni di distanza, dopo sette e più volumi di De Felice, la nascosta verità
sul fatto che il fascismo ha fatto tutto il male, solo il male, nient’altro che
il male, sono delle sonore stronzate. E le stronzate le rimandiamo al mittente soprattutto
quando le proclamano da qualche cattedra presidenziale, specializzata in luoghi
comuni a sollievo e protezione delle proprie trippe.
Infine, ci soffermiamo sulla cosa
stessa. Dobbiamo parlare di idee. Stando alle idee non v’è dubbio che in Italia
il fascismo ha liberato la destra dalle sue cupezze, dal suo vecchiume, dal
reazionarismo delle conventicole nobiliari, dal vizio sempiterno di coprire con
l’alto ideale della Patria e dello Stato il privilegio, l’arroganza del ricco,
l’insipienza del parvenu. Il fascismo è stata la destra costretta nel fango
delle trincee della Grande Guerra a riscoprirsi popolo e nazione. Certo ci si è
portati dietro un pizzico di Ottantanove (a Fiume, diceva Comisso, si respirava
una permanente atmosfera da Quattordici luglio) … ma quanto si è guadagnato in
verità sociale! Da quel momento, durante e dopo il fascismo, in Italia non
c’è stato più spazio per quella destra. Il fascismo ha fatto fuori per sempre
il Bacchettone. Non dovremmo forse essergli grati?
Allora che cosa vogliamo fare? Vogliamo
rimanere sudditi, per pagare gli errori dei nostri antenati? Vogliamo
continuare a chiedere scusa in eterno perché anche loro hanno sbagliato? Vogliamo
cospargerci in eterno il capo di cenere perché l’hanno fatta grossa? O dovremmo
chiedere agli inquisitori da quattro soldi – spesso pubblici – di mostrarci la
fedina penale dei loro padri per constatare che proprio pulita non è? O
dovremmo far presente che qualcuno con le altrui passate miserie sta cercando
di coprire le proprie presenti? Perché in fondo è questo il problema: che da
Robespierre in poi, il vestito dell’Umanità ha nascosto più di una crosta e il
profumo dei Diritti ha coperto più di una puzza…e quindi c’è poco da accusare,
pochissimi petti da gonfiare, nessun orgoglio da esibire.
La storia diceva Croce è sempre
storia del presente. Ma vale anche l’inverso, per quanto qualcuno tenda
negarlo: il presente è sempre un presente storico. Nella lotta politica è
inutile esorcizzare il fatto che la storia è componente essenziale. Ciò non
significa ammettere alcuna nostalgia. Nessuno sguardo indietro, nessun
torcicollo, ma consapevolezza, studio, e una ricca cassetta degli attrezzi
storica per vivere il presente in modo pieno e con piena coscienza. Nelle sedi
del MSI degli anni Ottanta e Novanta qualcuno promuoveva questo tipo di superamento
della nostalgia e del gagliardetto. Non buttava il passato in discarica, non ci
si esercitava alla sottomissione né al masochismo, né si pativa alcuna sindrome
di stoccolma antifascista. Si osavano strade nuove, ma nessuno si è mai
vergognato del proprio album di famiglia. Critici feroci di antichi errori, lo
si è stati fino in fondo, ma per rivendicare nuove possibilità e rinnovate
bellezze: tutto ciò che fosse storia e che potesse ancora avere una storia,
come la nostra nazione, la nostra giustizia, le idee mediterranee e universali,
la sfera sublime dello spirito cui la politica non può mai rinunciare ad
attingere…
Un’ultima notazione. Nell’idea di
politica che faticosamente ci si è sforzati di promuovere nei momenti migliori
della destra vi è la necessaria connessione con la cultura e la riflessione.
Non vogliamo dire, con Lenin, che un partito dev’essere l’avanguardia
intellettuale di una classe sociale in lotta? Non lo diremmo mai, perché non
conserviamo nessun feticcio classista. Dobbiamo però sottolineare che senza un
progetto culturale non si va da nessuna parte. Un partito dev’essere
avanguardia intellettuale di un movimento sociale, questo sì. Questo, però, ha
due corollari: gli intellettuali devono smetterla con la loro puzza sotto il
naso e cominciare a elaborare una teoria e una prassi dell’impegno
(sperabilmente diversa dall’engagement salottiero e mediatico dei
chierichetti di sinistra). I politici, dal canto loro, dovrebbero smettere di
vedere nell’intellettuale il cacadubbi che non piglia voti. Metapolitica e
politica dovrebbero cominciare a incontrarsi in un partito di militanti
consapevoli e non alieni dal lavoro dello spirito. E se qualcuno
continua a candidare nani e ballerine, pescando nel sottobosco dell’arrivismo
piccolo/medio borghese glielo si dica e si abbia il coraggio di presentare
alternative, di farsi avanti, di buttare sul piatto della bilancia, una volta
tanto, il peso delle idee.
Ho letto, condiviso, e diffuso....
RispondiEliminaGrazie mille!!!!
RispondiElimina