Allora, riassumendo, si può dire che il mondo naturale è la
buona spontaneità delle cose che si offrono al nostro sguardo in un loro
certa integrità. E com’è il nostro sguardo “per natura”? Rispondiamo con un
concetto che proviene dalla riflessione di un giovane genio del Rinascimento,
Pico della Mirandola: la nostra natura è quella di non avere una natura
determinata da leggi inflessibili, ma di essere costitutivamente liberi di
progettarci nel mondo. In effetti per tale motivo Dio avrebbe posto l’intera
creazione al cospetto dell’uomo perché la dominasse.
Due sono le modalità con cui si può intendere il simbolo
biblico del dominio. Secondo la prima Dio ci avrebbe detto di fare
quello che vogliamo, intendendo che la natura non conta e che dunque la nostra
è una libertà indifferente a tutto e a tutti. Da tale prospettiva nasce una
particolare ýbris
(tracotanza) tecnologica che considera la realtà che noi incontriamo per
natura come una sorta di materiale a disposizione perché noi liberamente
esercitiamo la nostra violenza. Nella seconda noi saremmo oggetto di una
custodia, di un affido, per trarre dalla natura il buono come una levatrice
trae dalla madre il figlio, aiutando la natura nel suo atto generativo.
Ora l’ecologia, se rettamente intesa, vorrebbe riportare la
civiltà dalla prima alla seconda opzione, dopo l’ubriacatura del progresso e
dell’industrialismo otto-novecentesco, che ha mantenuto solo in minima parte le
sue promesse di emancipazione e felicità, provocando invece con le sue
indiscriminate aggressioni serissimi danni all’uomo e al creato.
È tuttavia strano che qualcuno, mentre inalbera la bandiera
dell’ecologia, intenda distruggere la natura dell’uomo, ritorcendo contro il
suo corpo, la sua vita, il suo essere una libertà divenuta indifferente al suo
stesso destino e alla sua stessa ragione. Non c’è più maschio né femmina, non
c’è più padre né madre, i figli si uccidono nel ventre delle madri se conviene,
la vita finisce quando si vuole, si clona, si manipola quando pare e piace…
tutto ciò che si può fare è perciò stesso lecito fare.
Ma anche l’uomo è come la foresta amazzonica. La sua
libertà è incarnata in una natura, il suo bene è latente nel suo essere, va
aiutato a fiorire, non fatto morire con una manipolazione infinita. Sarebbe
come trasformare l’Amazzonia in un grande parcheggio, sarebbe come una grande
colata di cemento che produce una violenza inaudita sulla bontà del creato.
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