venerdì 30 settembre 2022

Abbattere i bastioni. Il Miur merita un nuovo corso

 

I simboli valgono. L'universo si comprende mediante i simboli e l'uomo, nel suo sforzo di capire le leggi di sé e del mondo, è essenzialmente un animale simbolico. L'apprendimento, da questo punto di vista, è un cammino meraviglioso in una foresta di simboli, della quale pian piano si imparano a conoscere i sentieri e le radure.

L’egemonia gramsciana di un certo pensiero e di un certo costrutto ideologico si è espressa nella nostra storia nazionale mediante l’accaparramento sistematico dei simboli. È stata costruita una fortezza attorno ad alcuni santuari in cui si è coltivata la proprietà privata ideologica del simbolo, realizzando una sorta di recinzione o di enclosure di un bene comune. La scuola, le università che sono alla radice della produzione scientifica, artistica, letteraria delle immagini del mondo, sono state considerate appannaggio di una parte politica. Poi sono state manipolate introducendo virus ad apparente bassa tossicità ma alla lunga in grado di modificare il genoma della nostra visione della vita e delle cose. Il livellamento verso il basso di una cultura che elabora neolingue politicamente corrette e somministra minestroni morali confezionati dalle grandi multinazionali pedagogiche (quella costruttivista, egualitaria, cognitivista, “democratica”) la cui radiazione elettromagnetica si sposta invariabilmente verso il rosso, è il lavoro che dentro la cittadella proibita è stato portato avanti.

Un’istituzione della Repubblica, il ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca è stato trasformato in una fucina di direttive “riformatrici” che hanno ucciso il merito e la cultura, violentando la sua prerogativa di aprire orizzonti. Ciò è avvenuto con il pretesto di una considerazione puramente quantitativa della sua missione amministrativa: sfornare più diplomati e più laureati, non importa come diplomati e come laureati. La prassi provinciale di un forzato adeguamento alle mode della più scialba socialdemocrazia anglosassone o nordeuropea ha ulteriormente pesato. Così si è proceduto allo smantellamento di un edificio antico e splendido dove soggiornava uno stile italiano dell’educazione e della formazione. Storia, tradizione, inventiva, fantasia, critica, serietà, acribia e studio sono state messe alla gogna egualitaria delle competenze e delle abilità. Perché “eccellere non è democratico”, come disse un grigio funzionario americano degli anni Cinquanta, e la scuola deve produrre non tanto cervelli inquieti, quanto buoni cittadini, giudiziosi, obbedienti, che pensano e vogliono quello che pensano e vogliono tutti, soprattutto il potere. Ora un piccolo-grande evento elettorale ha lasciato la cittadella dell’educazione momentaneamente sguarnita e le sue robuste mura senza i suoi feroci “Vopos”. È il momento di abbattere i bastioni, entrare e rinnovare. È un’occasione da non perdere perché già qualcuno si sta muovendo ripristinare lo status quo ante. È un Kairòs, un tempo opportuno che, sin dall'antichità greca, si rappresentava come una figura alata e calva, con un simpatico codino sulla fronte. Afferrare il codino è essenziale per i nostri destini. 

Non c’è questo o quel ministero importante. In ogni settore della vita politica si prendono decisioni a seconda delle circostanze e dei vincoli e nella misura in cui è necessario. Altrove, per esempio agli esteri, decidere è necessario… ma non si può e se la nave affonda, possiamo al limite apparecchiare la tavola per il tè. Nelle politiche educative decidere è altrettanto necessario e si può, a patto che lo si voglia e lo si pensi. Se vogliamo fare un'altra rivoluzione d’ottobre, ma bella ed entusiasmante e che duri forse più di settant’anni, bisogna partire da lì. Risollevare l’Italia si può facendo quello che va fatto dal punto in cui va fatto. Vorremmo che un patriottismo intelligente e consapevole indirizzasse tutti i suoi sforzi a quella meta, a quella fortezza da assaltare per cominciare a redistribuire i suoi tesori a tutti gli italiani, soprattutto ai giovani che ora più che mai hanno bisogno di sperare e di puntare in alto.

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2 commenti:

  1. Interessante analisi complimenti

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  2. Temo che quella china continuerà. Lo sapremo presto se vi è intenzione di voltare pagina. Certo, con gradualismo, intelligenza, senza far saltare il banco. Ma la direzione sarà visibile.

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