Jean-Louis Harouel, I diritti dell’uomo contro il popolo, Liberilibri, Macerata, 2018
Nella giornata mondiale dei diritti dell'uomo, mi sembra apprezzabilmente provocatorio pubblicare un post che riassume le tesi fondamentali dell'ottimo pamphlet di Jean-Louis Harouel, insigne studioso francese di diritto, sui, o meglio contro i diritti dell'uomo. Harouel da un lato contesta il loro uso: un' eccezionale stampella ideologica all'immigrazione incontrollata, che rinuncia, in nome dell'uguaglianza tra il cittadino e lo straniero, a preservare l'identità nazionale e popolare degli Stati europei. Dall'altro lato costruisce una genesi molto interessante di tale forma di pensiero: si tratta di una specie di millenarismo gnostico e secolarizzato che le élites della sinistra europea e globale, orfane del comunismo, hanno assunto come nuovo ideale regolativo della loro prassi politica. Alla società senza proprietà e senza classi la sinistra sostiuisce la società dei diritti universali e della non-discriminazione'opportunità come un paradiso terreno nel quale a tutti sarà garantito l'accesso al godimento, a patto che rinuncino alla loro libertà di esprimersi e autodeterminarsi. Un mondo dell'indifferenziazione e della fratellanza obbligatoria - cioè della violenza più efferata contro ogni appartenenza e identità - che si riscalda sotto le coperte della giustizia: ecco quello che prepara questa cultura il cui momento destruens utilizza l'immigrazione mussulmana come martello per distruggere i residiui di identità e storia europea, scherzando col fuoco di una civiltà che non manca di manifestare aspetti aggressivi e velleità colonizzatrici. Condotto con piglio giustamente polemico e nondimeno con precisione concettuale e acume storico-teoretico, il discorso di Harouel non mancherà di sucitare domande ai curiosi e di scandalizzare i benpensanti. Questo riassunto vuole stimolarne la lettura e lo studio, e magari anche qualche piccola integrazione, di cui abbiamo segnalato talvolta l'opportunità con la sigla "n.d.r.".
Introduzione
Questo libro è un pamphlet con uno spirito polemico,
serrato e graffiante. Vi si legge il travaglio di un uomo occidentale
contemporaneo, europeo e cristiano, francese, studioso del diritto e della
filosofia tradizionale. Egli constata la presenza in Francia e in Europa di un Islam
assertivo, numericamente nutrito, spesso antimoderno e antioccidentale. Quella
che egli lamenta è una Francia a lumi spenti, dove persiste un
anticristianesimo laicista, stolido e assai intollerante, che assiste al
dilagare di discorsi e atti antisemiti di matrice Islamica come immediato effetto
dell’immigrazione massiva mussulmana cui lo scontro superficiale tra
aperturisti e sovranisti, con le loro retoriche dei ponti e dei muri, non
sembra opporre alcuna soluzione. A tali metafore si dovrebbe preferire quella
della porta che si può aprire e chiudere a diversi gradi corrispondenti
alla complessità dei problemi reali.
All’inizio del libro Harouel menziona la seguente frase
pronunciata dal leader Islamico Yusuf al-Qaradawi a Roma nel 2002: “Con le
vostre leggi democratiche, noi vi colonizzeremo; con le nostre leggi coraniche
noi vi domineremo”. Egli ritiene di trovarsi davanti ad un pericolo effettivo,
benché non bisogni dimenticare che l’Islam non è un blocco monolitico e non
tutti hanno lo stesso atteggiamento ostile nei riguardi del mondo occidentale (cfr.
Berberi, Curdi etc.). Di contro al rischio Islamico, la soluzione del modello
svizzero, fatta propria dall’autore, può essere una provocazione interessante.
Si tratta di sottoporre l’Islam ad un regime derogatorio, che ne vieta alcune
espressioni pubbliche, ammesse invece per altre religioni. Tale soluzione può
però facilmente sfuggire di mano, con esiti nefasti, come la storia insegna.
Oggi, tuttavia, fuori dalle trite soluzioni delle destre xenofobe e delle
sinistre terzomondiste, il problema deve essere ancora seriamente affrontato.
Allora ben vengano le provocazioni di Harouel che, anche quando da respingere,
obbligano a riflettere.
Ciò detto, si conviene sul fatto che è il momento di non
tergiversare più sulla necessità dell’“amore prioritario per se stessi”,
distinguendo tra i diritti del cittadino e quelli dello straniero, e
subordinando la cittadinanza a comportamenti convincenti e verificabili di
accettazione, da parte dello straniero della cultura che lo accoglie. Allora è
corretta la denuncia del sistema culturale occidentale che, affastellando
disordinatamente identità plurime e talora confliggenti, promuove il disordine
strutturale e personale, e produce una generazione di sradicati con un’alta
concentrazione di precarietà esistenziale, diffidenza e insoddisfazione. È il
prezzo del rifiuto europeo dell’appartenenza che non ci ha resi più tolleranti
maturi ma solo costitutivamente poveri disorientati e fragili. Ciò è altresì
dovuto precisamente alla società dei diritti umani, assurti a religione civile,
e a messianismo laico, quella società che esalta l’indistinto e nega la
differenza in nome di un’apparente e benevola integrazione, opponendo al
radicamento, anche fisico, in un’identità, lo sradicamento fluttuante e
nichilista e l’arbitrio dispotico e narcisista; sostituendo al particolarismo
fecondo dell’appartenenza, un dogmatico multiculturalismo. Così, nel regno
dell’indistinto, si avallano scelte sociali contraddittorie sotto l’egida dei
diritti umani: dall’utero in affitto, fino all’introduzione del diritto
coranico nel diritto di famiglia dei cittadini musulmani in Inghilterra. La
neutralità verso l’ordine, la regola, le distinzioni e le differenziazioni sta
portando a un’involuzione devastante dell’Occidente europeo e dei suoi sistemi
di riferimento laici e religiosi, incapaci di comprendere e anche di tutelarsi
dall’Islam nelle sue versioni politiche più aggressive. Tutto ciò, per Harouel,
ha a che fare con la matrice marcionita della religione secolare dei diritti
dell’uomo dove va individuata la radice degli atteggiamenti contemporanei.
Cap. I: I diritti dell'uomo, strumento della conquista
musulmana
“Con le vostre leggi democratiche noi vi colonizzeremo. Con
le nostre leggi coraniche noi vi domineremo”. Così parla a Roma nel 2002 lo
sceicco Yusuf-al-Qaradawi. Ciò manifesta che l'Islam è un progetto più politico
che religioso. Esso è religione e Stato, fede e legge, culto e comando, libro e
spada, preghiera e jihad, tutto insieme, senza divisione alcuna. Ciò
rende assai difficile ogni convivenza di fedeli musulmani in altri paesi o
territori. In Europa abbiamo l'esempio del Kossovo, che, di fatto musulmano, si
è separato dalla Serbia ortodossa con una sanguinosa guerra. Essendo più
politico che religioso, l'Islam ha in sé la vocazione ad assumere una
dimensione di Stato, che diventa incompatibile con l'appartenenza a una diversa
comunità nazionale. Tale vocazione si avvale oggi di un progetto di conquista
religioso-politica dell'Europa che trova nei diritti umani un inatteso e formidabile
alleato.
L'assenza di una vera frontiera tra Islam e islamismo
È vero che non tutti i musulmani sono Islamisti. E non
tutti gli Islamisti sono potenziali terroristi poiché molti di loro non sono
disposti a promuovere la violenza. Tuttavia tra Islam e Islamismo non c'è una
frontiera netta perché l’Islamismo non è altro che l'espressione della volontà
di ritornare ai principi fondamentali dell'Islam. Ciò non può essere
disapprovato da nessun musulmano. Diciamo che ogni mussulmano lo considera il «programma
massimo». Il testo fondativo dell’Islam non implica un rifiuto netto della
violenza, dato che Maometto stesso era un capo guerriero. Spesso i passi del
Corano, citati per smentire questa visione sono decontestualizzati e ad hoc,
e perfettamente smentibili da altrettanti versetti e dal significato
complessivo che emerge dal testo. Per esempio, laddove il Corano vieta di
uccidere innocenti, ci si guarda bene dal dire che per tale libro colui che,
conoscendo la religione musulmana, non si è convertito è di per sé colpevole.
Insomma, se il Vangelo rende facilissimo condannare le violenze dei cristiani
nella storia, il Corano non permette in alcun modo un’analoga condanna. Ci
possono essere molti motivi contingenti, di immagine, di opportunità perché un
musulmano condanni la violenza, ma non ve ne sono di carattere teologico e
scritturistico. Da tutto ciò diventa plausibile l'osservazione di Remì Brague per
cui “se non tutti i musulmani sono Islamisti, tutti gli Islamisti sono (a pieno
titolo, n.d.r.) musulmani”. Ciò a prescindere dalle manifestazioni di fedeltà
alla Francia che possono venire in modo sincero (e tuttavia contraddittorio) da
altrettanto sinceri musulmani. L'unico modo, come avverte Therese Urvoy,
docente di Islamistica a Bordeaux, di rendere l'Islam compatibile con
l'occidente sarebbe un’affermazione che separi gli aspetti spirituali da quelli
legali nel Corano: ciò sarebbe una immensa rivoluzione di carattere teologico e
politico, senza la quale tuttavia l'Islam resterà pericoloso per i paesi europei.
L'impresa conquistatrice di una civiltà ostile
Malgrado la classe politica europea si occupi dell’Islam
solo dall'angolazione della libertà religiosa e della non-discriminazione, e
malgrado molte persone di confessione od origine musulmana non si sentano
affatto nemiche della Francia, l'Islam, in quanto società di dottrina, lo è. Storicamente
ostile al passato cristiano della Francia e dell’Europa, l'Islam oggi contiene
una minoranza di persone perfettamente integrate e piccoli gruppi che
proclamano un profondo attaccamento alla patria francese. Ma ciò appunto è cosa
di una stretta minoranza. Nella loro maggioranza, le popolazioni musulmane,
continuamente alimentate da un’immigrazione incessante, rifiutano la civiltà
europea e la sua radice cristiana. L’inconciliabilità delle due parti determina
il rifiuto della maggioranza di aderire alla nazione francese. Ciò è manifesto
nelle scuole in cui la massa degli alunni musulmani impone un oscurantismo bigotto
che censura Voltaire o Darwin o gli avvenimenti fondativi dell'Europa, come la
battaglia di Poitiers del 732, o ancora la resistenza vittoriosa di Vienna all’aggressione
ottomana nel 1529 e nel 1683. Questo produce personaggi come il terrorista di Montauban
e di Toulouse (marzo 2012), nato in una famiglia dove l'odio per la Francia era
estremo. Nel 2002 un imam di Roubaix ha rifiutato di incontrare nel suo
quartiere il sindaco di Lille col pretesto che si trattava di un territorio
musulmano e sarebbe stato “impuro” da parte sua metterci piede. Altrove in
Svezia in una località in periferia di Malmö, il 90% delle donne circola con il
velo. Sono sintomi questi del fatto che i musulmani appartengono anzitutto alla
umma e l'idea di nazione è loro estranea. Non ci si può dunque aspettare
che essi antepongano l'appartenenza ad una nazione occidentale alla loro
appartenenza all'Islam. Questo, benché essi a volte dissimulino le loro
convinzioni, come del resto il Corano permette di fare in terra di infedeli.
Un sistema totale che rifiuta la separazione del
politico dal religioso
La umma mussulmana è una comunità di fedeli al tempo
stesso politica e religiosa: lo Stato è cosa della religione e c'è un codice di
diritto contenuto nella sharia che unisce in sé il Corano e la sunna,
cioè i detti, gli atti e i giudizi favorevoli di Maometto, cioè gli ahadith.
Insomma, le regole del diritto sono norme divine e i musulmani non conoscono il
principio secondo cui bisognerebbe dare a Cesare ciò che è di Cesare e a Dio
ciò che è di Dio. Per loro il sacro ingloba il profano e lo Stato ha
diritto di esistere solo al servizio della legge di Dio. Peraltro, tutti i
paesi Islamici, precedentemente secolarizzati, sono oggi sottoposti a un
processo di forte re-islamizzazione (Turchia, Indonesia etc.). L'occasione di
sbarazzarsi di questa identità politico-religiosa offerta dallo stanziamento
europeo di molti musulmani non è stata mai accolta.
Un sistema che bandisce per mezzo della paura la libertà
di pensiero
Non si può lasciare l'Islam senza rischiare la vita: per l’apostasia
la pena arriva fino a quella di morte. Anche nei Paesi moderati tutto ciò che
riguarda la libertà di pensiero è un tema scottante. Nelle dichiarazioni islamiche
dei diritti dell'uomo del 1981 del 1990 da un lato si subordina l'esercizio
della ragione alla rivelazione divina, dall'altro si vieta ogni opinione in
contraddizione con la sharia. Il tentativo, laddove l'Islam diventa
numericamente rilevante, è quello di imporre anche in Occidente il suo divieto
di libertà di pensiero e di espressione mediante l'intimidazione dei poteri
pubblici, dei media e degli intellettuali occidentali. Al tempo stesso
l'arma dei diritti dell'uomo serve loro per far adottare ai Paesi europei un
profilo basso nei confronti dei musulmani che lì vivono. Ogni volta che si retrocede
sui simboli cristiani, per esempio in occasione delle festività cristiane, per
i musulmani è una vittoria che conferma la bontà del loro progetto di ridurre i
non musulmani a dhimmi (protetti).
Un sistema strutturalmente ultra-discriminatorio
L'Europa dei diritti umani con la sua ossessione della non
discriminazione prepara paradossalmente un sistema che invece è ultra-discriminatorio.
L'Islam, infatti, si fonda su una triplice discriminazione: verso i non
musulmani, verso le donne, e infine la discriminazione prodotta dal fatto che
secondo la sharia la schiavitù è legale. La tolleranza per ebrei e
cristiani è solo nel caso in cui essi accettino la condizione di popolazione di
seconda classe; le donne sono in chiara inferiorità giuridica, eterne minorenni
che passano dalla tutela del padre a quella del marito. In conformità con la
legge divina, infine, oggi in Iraq o nei territori controllati dall’Isis si
possono acquistare facilmente schiavi cristiani o ebrei.
L’ostentazione identitaria musulmana, terreno fertile
che nutre il jihadismo
Il terrorismo dei giovani jihadisti, nati e cresciuti in
Europa, è un prodotto dell’appropriazione, da parte della civiltà arabo
musulmana, di numerose città e periferie dalle quali viene espulsa la civiltà
europea. Tale espulsione alimenta un sentimento anti-occidentale la cui forma
estrema è il jihadismo. Ciò è avvenuto approfittando dei diritti
dell'uomo. Per esempio, la libertà religiosa viene invocata per giustificare il
velo integrale, che tuttavia le donne portano in segno di provocazione e di
militanza politica e in vista dell'islamizzazione della Francia. Il folklore
identitario arabo- musulmano è in generale il terreno fertile in cui si nutre l’estremismo
islamico in Europa. Ostentare la propria identità attraverso simboli e modi di
vestire è uno strumento per serrare i ranghi contro l'Occidente. E questo si
può fare in nome della libertà garantita dai diritti dell'uomo per proteggere i
propri cittadini contro l'arbitro del potere, laddove invece essi oggi diventano
una religione secolare suicida per gli occidentali.
Cap. II: La religione secolare dei diritti dell'uomo
Wiesel, Furet, Debray ritengono che quella dei diritti
dell'uomo sia l'ultima religione civile. Nel processo di secolarizzazione il
sacro non è scomparso ma si è solamente «spostato». Vi sono delle forme
secolari del sacro che soddisfano la naturale propensione dell'uomo alla religiosità.
Da qui vengono le cosiddette religioni politiche, o religioni secolari, o
religioni civili, o ancora religioni senza nome. Bene, la religione dei diritti
dell'uomo appartiene a tale ambito, già da tempo abitato dalla più vasta e
antica religione dell'umanità.
Un avatar della religione dell’umanità
La radice dell’allontanamento dell’umanità dal divino è in
Occidente lo storicismo, cioè quell’ideologia secondo quale la storia coincide
con il cammino dell'umanità verso un'era di radiosa e completa felicità. Tale
ideologia sostituisce un benessere collettivo terreno al benessere individuale
celeste dei cristiani. Questa concezione ha caratterizzato le filosofie del
romanticismo, di Hegel, del socialismo e in generale il pensiero di sinistra. In
particolare, la sinistra si considera il partito del futuro, garantito
da un meccanismo storico-provvidenziale irresistibile. La religione dell’umanità
diventa allora religione dell’avvenire che trasferisce sulla Terra il progetto
di salvezza cristiano. Esempio di tale religione si trova nel pensiero di Saint
Simon che vuole fondare un nuovo culto basato sul principio di fraternità. Alla
medesima religione attiene l'idea di Leroux secondo cui l'umanità è divina ed è
infinitamente perfettibile. Così vale anche per il socialismo di Proudhon, che
attribuisce all'uomo la stessa sacralità di Dio. Ferdinand Buisson, responsabile della
creazione della scuola laica della III Repubblica, vede nella Dichiarazione
dei diritti dell'uomo e del cittadino del 1789 la trasposizione sociale del
Vangelo, che mira alla fondazione di un paradiso immanente e terreno. Tale
religione è presente originariamente anche in Marx che viene influenzato dall'
operaio-sarto Weitling, profeta di un regno di Dio inteso come un paradiso
comunista realizzato sulla Terra. Già Ernst Benz nel 1931 scorge, malgrado il
materialismo del filosofo, notevoli elementi religiosi in Marx, sempre
orientati all’ideale di un regno di Dio sulla Terra. Negli ultimi decenni del Ventesimo
secolo la religione comunista cede il posto alla religione dell'umanità che
concepisce i diritti dell'uomo come strumento della sua emancipazione e della
sua riconciliazione in una società perfetta. Sono i diritti dell'uomo allora ad
offrire, al posto della comunista società senza classi, una direzione alla
storia verso la redenzione. Essi pure costituiscono una vera e propria
religione civile caratterizzata da due elementi: un millenarismo e una dottrina
della conoscenza.
Radici gnostiche e millenaristiche della religione
dell’umanità
Non è vero che i diritti dell'uomo provengono dal
cristianesimo, seppur secolarizzato. Al contrario bisogna vedere la loro
origine in un cristianesimo falsificato sin dall'inizio cioè in una gnosi e nel
millenarismo.
La gnosi
La gnosi è un insieme di dottrine religiose esoteriche
sulla salvezza insegnate da diverse sette nei primi secoli dell'era cristiana. Essa
insiste sul tema dell'uomo-Dio. Nell'uomo (all’inizio in alcuni uomini, n.d.r.)
vi è una parte divina, l'anima che aspira a tornare a Dio. Gli uomini che la
portano in sé sono uomini-dèi la cui essenza li porta ad essere al di sopra
della legge e della morale ordinaria, (quella che predica il Decalogo). Essi
sono in grado di conoscere il messaggio vero e nascosto di Gesù, ben oltre
quello diffuso dalle Chiese, che rivela agli uomini la loro divinità. Quest’ultima
consiste nel ritorno alla trascendenza, e implica il rifiuto di tutto ciò che è
materiale e corporeo. Quindi tutto quanto appartiene alla creazione, attribuita
a un Dio maligno descritto dall’Antico Testamento, come pure tutto ciò che è
terreno - la famiglia, la patria, l'ordine sociale, la procreazione, il
matrimonio, la proprietà - è opera del Dio del male. Lo sono quindi anche le
leggi date da questo Dio sul Sinai, precetti che non corrispondono all’assoluta
libertà degli uomini spirituali. Questo è l’antinomismo (opposizione al nomos,
cioè alla legge) della gnosi che ha un carattere tipicamente sovversivo. La gnosi,
proveniente da dottrine e religioni orientali, si mischia nei primi secoli
dell’era cristiana al cristianesimo stesso e lo contamina, fingendo di esserne
la forma spiritualmente più elevata. Non tarda tuttavia ad arrivare la reazione
decisa della Chiesa.
Il millenarismo
Il millenarismo è l'altra grande fonte della religione dell’umanità.
Da una siffatta dottrina deriva l'idea di un paradiso sulla Terra, che è dovuta
al mancato riconoscimento del carattere spirituale del messaggio di Cristo. Sulla
base di una lettura eterodossa del passo estremamente complesso e ricco di
simboli di Apocalisse 20, 1-6[1] (n.d.r.), Gesù sarebbe
venuto a inaugurare il millennio del Regno di Dio sulla Terra prima
della fine dei tempi, un regno di benessere non celeste e individuale, come
aveva annunciato il Vangelo, ma collettivo e terrestre. Una sorta di paradiso
di uguaglianza e comunismo che la Chiesa ha radicalmente censurato. Compito
degli adepti di questo orientamento sarebbe quello di preparare appunto il
millennio, eliminando coloro che lo ostacolano: i ricchi e i potenti. Bisogna
instaurare sin da subito la società comunista, manifestando il medesimo
disprezzo degli gnostici per la giustizia e la morale delle persone ordinarie, quella
riassunta e definita dal Decalogo. I millenaristi, infatti, si ritengono un
popolo santo, come gli gnostici si autoproclamano divini.
L'idea gnostico-millenarista dell’esteriorità del male.
Gnosticismo e millenarismo condividono l'idea che il male
non risiede nell'uomo. Per gli gnostici esso risiede nella materia creata
dal Demiurgo maligno, creatore del mondo. L'uomo ne è una vittima: il suo
peccato è dovuto al suo essere intrappolato e influenzato dalla materia, che è
una forza che lo domina. Di conseguenza il colpevole-peccatore è in realtà una
vittima (di qui la cultura della scusa). Nel millenarismo è presente la stessa
idea dell’esteriorità del male. Il male viene dalla disuguaglianza e dalla
cattiva organizzazione della società. Una volta ricostituita la società
perfetta nel millennio, il male dovrà scomparire. Per facilitare la sua
scomparsa bisogna istituire l'uguaglianza sociale e abolire la proprietà
privata. Vi è l'assoluta legittimità dell'uso della violenza contro il male per
istituire l'uguaglianza e il comunismo.
L'associazione del millenarismo e della gnosi
Come conciliare l'idea millenarista di un paradiso
terrestre e quella gnostica dell'odio per la materia? Durante la trasformazione
del millenarismo religioso in progetto rivoluzionario avviene il recupero della
gnosi. Suo progenitore è l'abate Gioacchino da Fiore (1130-1202). Egli Elaborerà
una filosofia della storia improntata alla dottrina trinitaria. Come Dio è Padre,
Figlio e Spirito Santo, allo stesso modo nella storia ci sarà un’età del Padre,
del Figlio e dello Spirito Santo: le cosiddette tre età della storia
umana. Ciò significa che vi sarà il passaggio da un’età del Padre,
caratterizzata dal dominio autoritario e dalla sottomissione servile (si veda
il Dio severo ed esigente dell’AT), al tempo del Figlio, tempo della fede e
dell’obbedienza filiale (il Cristo dei Vangeli) che sta per concludersi, fino
all'ultima età dello Spirito Santo caratterizzata dall'amore e dalla libertà.
Gioacchino è un millenarista perché, in virtù del
meccanismo storico, secondo lui nascerà un regno divino sulla Terra, nel tempo
dello Spirito Santo. La Chiesa condannerà le sue riflessioni come eresia per le
difficoltà che nascono nell’applicare alla storia il rapporto tra le persone
divine, e per la sostituzione della speranza del Regno di Dio ad un meccanismo
storico, che successivamente diventerà il nucleo di tutto il pensiero utopico
moderno. Il passaggio alla terza era dello Spirito sarebbe stato caratterizzato
da grandi cambiamenti sociali, per la cui realizzazione sarebbe stata anche
legittima la violenza.
Questa visione è anche gnostica perché l'età dello Spirito
Santo è un’epoca spirituale, in cui l'uomo sarebbe in diretta comunicazione con
Dio, senza essere sottomesso a niente: sarebbe in definitiva l'era dell'uomo-Dio
che non dovrà obbedienza nessuno. Quindi la teoria di Gioacchino potrebbe
giustificare sia la violenza millenarista in vista del paradiso sulla Terra,
sia l’orgoglioso progetto dell'uomo-Dio proprio della gnosi. Le grandi
esplosioni rivoluzionarie dell'era moderna, dai dolciniani, ai Taboriti, agli
anabattisti, si ispireranno a entrambe queste prospettive. Si arriverà quindi
al ruolo messianico del proletariato, cui sarebbe affidata la creazione di un
mondo perfetto. A tale mondo si giungerebbe mediante un meccanismo storico ineluttabile
la cui conoscenza sarebbe affidata ad un particolare tipo di uomo, in possesso
della teoria, cioè di una peculiare gnosi (e qui sta l'orientamento gnostico
del marxismo). Quindi si passa da uno gnosticismo millenarista fondato
religiosamente, ad uno stesso pensiero derivante semplicemente dall'umano in
cui, se il regno non sarà più quello di un Dio trascendente, sarà comunque il
regno dell’umanità divinizzata, collettivamente redenta, instauratrice di un
perfetto mondo terrestre.
La secolarizzazione del millenarismo e della gnosi
Dalla speranza di una redenzione terrestre nascono le
religioni politiche, caratterizzate da un ampio programma di salute pubblica
collettiva. In ciò si colloca il socialismo come sogno mistico di un altro
mondo (P. Muray), oppure quell’idea sostenuta da Leroux, che associa il tema
della divinità dell'uomo a quello dell’avvenire radioso del socialismo. Allo
stesso modo pensa Proudhon quando allude al carattere sacro dell'uomo. Le
religioni politiche annunciano, da un lato, la liberazione dal male in un
finale regno terrestre, dall'altro forniscono una tecnica di redenzione ed
elevazione del genere umano. Per questo sono al tempo stesso millenarismi e
gnosi. Secondo E. Voegelin le religioni politiche si riconducono a due forme di
fede: la fede nell'uomo come fonte del bene e del perfezionamento del mondo; la
fede in un collettivo come sostanza segretamente divina. Dunque il mondo può
diventare un paradiso per l'umanità divina. Sempre qui si associano gnosi e
millenarismo. La medesima associazione avviene nel comunismo marxiano che
riprende le speranze gnostico-millenariste di Weitling, che, a loro volta, implicano
l’instaurazione nella storia di un regno di giustizia e lo schiacciamento di
coloro che lo ostacolano.
La meccanica storicistica inesorabile delle religioni
secolari
La visione comunista della storia è tipicamente gnostico-manichea:
si fonda sullo scontro tra il principio buono, il comunismo, e quello cattivo
la proprietà privata. Questo scontro si svolge nella storia con il passaggio
- da un’iniziale epoca
felice, il comunismo originario,
- alla caduta nel
mondo storico caratterizzato dalla lotta tra due principi nemici, in
particolare durante lo sviluppo dell'ordine capitalistico borghese,
- fino all’avvenire
radioso che si otterrà grazie al ritorno del comunismo, però in chiave di
industrializzazione, che garantirà una nuova epoca di radicale prosperità.
Chi lotta per questa nuova epoca rappresenta al tempo
stesso una nuova morale, che sconfessa la vecchia e che promuove per il bene
della rivoluzione, un bene finale che rende legittimi tutti i mezzi. I
rivoluzionari, secondo la dottrina comunista, sono sempre i buoni per
definizione. Per la gnosi rivoluzionaria il tempo presente è il tempo della
commistione del bene e del male, è quello della prigionia dell'anima nella
dimensione della corporeità negativa. Ecco allora le tipiche ingiustizie della
differenza sessuale, del matrimonio, della famiglia, della proprietà, che sono
forme del male. La Terza era implicherà una nuova dissociazione dei due
principi e la redenzione del mondo e dell'uomo. Ma questa Terza era si instaurerà
in virtù di una meccanica evolutiva ineluttabile che progressivamente
cancellerà ogni opposizione e santificherà automaticamente i mezzi di questa
cancellazione. Questa meccanica va conosciuta attraverso una gnosi e la
conoscenza contribuirà all’avvento della giustizia definitiva.
Anche la visione millenarista ripropone lo stesso schema:
all'inizio c'è un paradiso egualitario delle origini espresso nell’antico
slogan dei Lollardi: “Quando Adamo vangava la terra ed Eva filava la lana dove
erano i nobili?”. A tale era è succeduto il tempo del male a causa
dell'instaurazione della proprietà privata, dell'ineguaglianza sociale, del
diritto e delle relazioni monetarie. Per fortuna arriverà una Terza era in cui
si ritornerà al comunismo primitivo, permeato dall’amore divino. Dunque, il grande
processo gnostico di salvezza diventa il senso della storia degli uomini
orientato verso il millennio. Ecco allora la legittimazione della violenza
rivoluzionaria di John Ball che, sosteneva che per la messa in comune di tutti i
beni, bisognasse prima sterminare le persone di legge, i nobili e i giudici.
Nel millenarismo rivoluzionario l'azione giusta, o l'uomo giusto di per sé non
esistono. È bene tutto ciò che va nella direzione della storia e della
meccanica salvatrice comunista; è cattivo ciò che lo ostacola. Questo fonda il
disprezzo per la morale comune perché la prospettiva rivoluzionaria esige dai
suoi seguaci una totale amoralità. Così afferma Raymond Aron: “La religione
secolare, una volta fissato il fine ultimo, passa sopra a tutto”, giacché il
fine della santificazione giustifica la repressione radicale di coloro che la
ostacolano.
I diritti dell'uomo, religione mortale per gli europei
Nazismo e comunismo sono religioni secolari che si
propongono di stritolare gli avversari. La religione dei diritti dell'uomo è la
religione secolare che ha dato il cambio alla religione secolare comunista. I
diritti sono seguiti al comunismo come progetto universale di benessere, come
promessa del Regno del Bene sulla terra. Come il comunismo, la religione
secolare dei diritti umani crede in un meccanismo storico avente per effetto la
distruzione di ogni ostacolo. Non bisogna farsi ingannare dalla sua apparenza
virtuosa; ce l'aveva anche il comunismo. Anche il regime sovietico sorgeva
da un ideale umanitario che però ha avuto un esito infernale. La religione dei
diritti umani ha lo stesso obiettivo, non però per mezzo dell’eliminazione
della proprietà, ma per mezzo della negazione di ogni differenza tra gli
uomini. Sara l'affermazione di un’ideologia dell’identità tra tutti gli esseri
umani a generare il regno del bene assoluto sulla terra. I popoli dell’Europa
occidentale, portatori di un'antica civiltà sono il naturale obiettivo del
millenarismo umanitario, analogo all’obiettivo comunista di distruggere la
borghesia. Bisogna insomma distruggere le vecchie società occidentali, il loro
ordine, la loro cultura, il loro buon senso, il loro saper vivere, il loro
attaccamento alla storia nazionale, alle tradizioni, al passato. Tutto ciò, per
i militanti comunisti convertiti al millenarismo dei diritti dell'uomo è fonte
di corruzione, una corruzione che impedisce la riconciliazione dell’umanità con
se stessa e la nascita di un mondo nuovo. Da qui la condanna senza appello per
la civiltà occidentale perché la sua popolazione è bianca, il suo livello di
vita è invidiato ed è percepito come un’ingiustizia, perché, infine, la sua
esistenza contravviene al dogma che sotto intende questa religione: il memismo.
Il piedistallo della religione umanitaria: un memismo
di origine gnostica
Il memismo è una ideologia dell’indifferenziazione e
dell'identità che disprezza ogni elemento che ingenera distinzione. Esso è il
dogma dell'intercambiabilità di tutti gli esseri umani. Lo gnosticismo esprime
l’idea dell'identità dell'uomo con Dio. Il millenarismo vi aggiunge che tutti
gli uomini sono nella luce di Dio e portatori di un'anima divina. Pertanto,
essi non sono differenti tra loro. Non sono differenti nemmeno dal punto di
vista sessuale e tantomeno sono differenti quanto alla loro tradizione popolare,
nazionale e linguistica. Ciò dà luogo anche all’ideologia della sostituzione
dei popoli, per la quale un popolo qualsiasi può indifferentemente
rimpiazzare i francesi indigeni e far continuare a funzionare la Francia. E
l'idea di un’umanità mondializzata che fa scomparire le differenti nazioni.
L'invito a scomparire rivolto agli europei
La religione dei diritti due umani invita gli europei a
scomparire per fare spazio agli altri con una sorta di eutanasia collettiva. Le
classi dirigenti europee sembrano consenzienti perché l'autoannullamento appare
un dovere etico. Esso viene accettato attraverso un terribile indottrinamento e
un efficacissimo controllo del pensiero. Ma questa idea di una santità
collettiva secolarizzata, ottenuta mediante la morte delle differenze il nome
dell’unica religione umana, non deriva dal cristianesimo ma dalla sua
perversione gnostica. Da questa viene il peculiare orgoglio europeo fondato sul
disprezzo di sé, della propria religione, civiltà e nazione.
Si tratta di un masochismo umanitario che a suo tempo era
stato cavalcato dal movimento surrealista, appassionato di esoterismo, gnosi e
tecniche per arrivare all'illuminazione: «Il mio paese, notate bene, che io
detesto, dove tutto ciò che è francese come me mi fa vomitare nella misura in
cui è francese…» così diceva Aragon. I surrealisti sono quelli che tenderanno
sempre la mano al nemico, così come successivamente imporrà la religione del
politicamente corretto. Ciò costituisce la base per una concezione della democrazia
sensibilmente diversa da quella liberale, una democrazia che deve puntare non
più sovranità del popolo e alla difesa del cittadino contro gli eccessi del
potere grazie alle libertà pubbliche, ma al culto dell'universale ossessione
dell’apertura all'altro con relativa svalutazione della sovranità del popolo.
Ciò, infatti, è coerente con l'idea del primato dell’umanità, che deve
svalutare la sovranità del popolo e provoca così una paralisi politica della
democrazia. L'identità, la storia, la civiltà europea sono in pericolo a causa
della devozione fanatica verso l'universale. Questa è anche all'origine del
dispotismo antirazzista che impedisce in ogni modo la difesa della propria
identità mediante la radicale intolleranza nei confronti dei movimenti identitari
in nome della richiesta oppressiva del sacrificio di sé.
Cap. III: Religione dei diritti dell’uomo e snaturamento
del diritto
Il diritto deve essere fondato su valori duraturi. Nel
passato in Francia è stato così, a partire dalla sintesi di diritto germanico, diritto
romano e regole giuridiche ebraiche, come si può vedere nei codici napoleonici.
Ciò è perfettamente in linea con il cristianesimo che riprende la morale del
Sinai e che approva il castigo terrestre di quelli che commettono il male. Il
cristianesimo non ha cercato di introdurre artificialmente l'amore divino nel
diritto delle nazioni cristiane perché separava politica e religione. Infatti,
le responsabilità politiche giuridiche sono solo terrestri, mentre l'amore
divino e il regno di Dio non sono di questo mondo. Al contrario, durante il
ventesimo secolo vi è stata la tendenza a trasformare il diritto, e ciò vale
anche per quello francese, in una religione di amore universale, la religione
dei diritti dell'uomo.
La metamorfosi dell'amore in diritto e del diritto in
religione
I diritti dell'uomo, dichiarati il 26 agosto 1789,
derivavano dal diritto naturale e non avevano valore di legge positiva. Essi
andavano rivisti e reinterpretati in diritto positivo. Tale diritto positivo decretò,
come effetto della Dichiarazione del 1789, il riconoscimento delle libertà
pubbliche. Ciò era semplicemente la ripresa di quanto avveniva già nell'Antico
regime: la libertà concepita come non interferenza dell'autorità, il diritto di
proprietà contro l'espropriazione pubblica. Mancava solo la libertà
d'espressione e questo fu l’apporto maggiore della Dichiarazione del 1789,
ripresa dalla legge sulla stampa del 1831 in Francia. Tale libertà
d'espressione oggi è fortemente ridimensionata in nome dei diritti dell'uomo. Riaffermati
nelle costituzioni del 1946 del 1958, oggi i diritti dell'uomo sono divenuti
parte integrante del diritto, anche grazie all’internazionalizzazione della
loro garanzia attraverso diverse convenzioni nel quadro europeo. Così il
giudice costituzionale e quello transnazionale sono liberi di fissare
sovranamente i principi fondamentali che ritengono coerenti coi diritti
dell'uomo. Così le libertà pubbliche sono via via in corso di sostituzione con
i diritti fondamentali, e di questi grandi beneficiari sono gli stranieri. Con
i diritti fondamentali il legislatore si pone lo scopo di santificare, mediante
la loro imposizione dall'alto, i rapporti tra i singoli sulla base di un amore
obbligatorio per il prossimo, sanzionando le sue violazioni nei tribunali. È
vero che nei diritti umani esiste sin dall'inizio la fraternità e dunque un
dovere di amore verso l'altro. Ma questo è sempre stato considerato di
attinenza della morale individuale. Esso è cioè un dovere etico non
sanzionabile giuridicamente. Dalla seconda metà del secolo ventesimo con la Convenzione
europea dei diritti dell'uomo del 1950 i diritti di libertà (movimento,
sicurezza, inviolabilità del domicilio e della corrispondenza, pensiero e
opinione, espressione) sono stati concepiti in funzione del principio di non
discriminazione. Dal 1972 con la legge Pleven, al Codice penale del 1994,
le leggi puniscono le pratiche discriminatorie come attentati alla dignità
della persona. Colui che offre al pubblico qualche vantaggio non deve escludere
nessuno a causa del sesso, della razza, della religione eccetera. La fraternità
che viene dal cuore ora è resa obbligatoria e ha rivestito i panni di una
religione di Stato, compresa una certa tendenza all’intolleranza.
Un amore obbligatorio dall'aspetto millenarista e
gnostico
L'amore tipico della religione dei diritti umani è la
deformazione dell’amore cristiano. Agostino aveva parlato dell'amore di Dio
fino al disprezzo di sé contro l'amore di sé fino al disprezzo di Dio. Ma tale
amore era oggetto di un cammino interiore, libero, personale. Invece per la
religione dei diritti umani è un cammino pubblico obbligatorio in vista non più
della Città celeste, ma della città terrena del paradiso sulla terra qui e ora.
Tale amore che deve fondare l'umanità collettiva divinizzata, è imposto
dall'autorità e rende superfluo il diritto. Esso, come nel comunismo era la
violenza imporre l'amore mediante l'eliminazione della proprietà privata, deve
essere imposto dalla forza dello Stato.
L’origine di questa visione è chiaramente riferibile a Marcione
il quale riteneva che l'amore, a suo dire evangelico, avrebbe reso inutile la
giustizia. Con ciò egli voleva costruire un cristianesimo completamente
sradicato dalle sue origini ebraiche. Gesù avrebbe liberato gli uomini dalla
legge e dal peso della giustizia. Contro il Dio giusto dell'Antico Testamento,
creatore della materia cattiva, cioè il Dio ebraico Jahvè, si sarebbe posto il
Dio buono del Nuovo Testamento il Dio dell'amore. Così, rinnegando il Dio
giusto e l'AT, Marcione rinnegava la giustizia, l'ordine sociale del
matrimonio, la famiglia, la nazione. Contemporaneamente indirizzava la sua
preferenza verso tutte le devianze, perché la devianza rispetto alla giustizia
del Dio giusto, merita comprensione. Gesù avrebbe liberato i dannati, il Dio
buono preferirebbe gli assassini alle loro vittime, i violenti ai virtuosi, i
sodomiti a Loth. Gesù avrebbe strappato agli inferi i dannati, preferendoli ai
giusti della Bibbia come Noè, Abramo o Mosè. L'amore senza giustizia preferisce
gli assassini, i violenti, e i nemici come gli egiziani (dimenticando che Gesù
predicava l'amore per il nemico privato e non per il nemico politico, n.d.r.).
Così si ha una completa inversione dei valori, dove i cattivi diventano buoni. Le
ideologie laiche, secondo il filosofo Nietzsche, avrebbero ultra-cristianizzato
il cristianesimo, assimilandosi molto, aggiungiamo noi, alla prospettiva
marcionita. In realtà, però, quest’ultima non è altro che una falsificazione
gnostica del cristianesimo, generata attraverso un'iniezione letale di amore
nel diritto.
Il diritto religioso e la nuova ordinazione del
sacerdote giudiziario
La morale religiosa gnostica dei diritti umani è stata
trasferita nel diritto e tale diritto si è sostituito alla religione. Ciò che
chiamiamo agostinianismo è l'idea per cui lo Stato si sente responsabile
della virtù dei governati e della santificazione della società mediante la
religione secolare dei diritti dell'uomo. Questa religione ha i suoi preti,
cioè i magistrati.
Lo Stato-Chiesa della religione dei diritti dell'uomo
La religione dei diritti umani è un sistema politico-religioso
coercitivo e repressivo in cui lo Stato è anche Chiesa. La politica oggi è
diventata un dipartimento della morale il nome dei doveri verso l'umanità. In
questo modo lo Stato, facendosi funzione di un’astratta umanità, tradisce i
doveri che ha verso il popolo concreto di cui costituisce il volto
costituzionale. Ma i doveri verso l'umanità sono decretati dalla religione dei
diritti dell'uomo che si interessa della santità e della virtù, cioè della
fratellanza e del rispetto dell’amore per l'altro portato fino al disprezzo di
sé. La trasgressione di questi dogmi costituisce un nuovo crimine religioso.
Il diritto penale nella religione dei diritti dell'uomo
Per la religione secolare dei diritti dell'uomo tutti
devono essere lo stesso, e se sono altro non ancora divenuti lo stesso, hanno
il diritto di rivendicare la loro inclusione. Questo genera un peculiare
calcolo dei diritti in funzione dei propri interessi da parte di comunità e
gruppi sociali che si ritengono esclusi (si veda per esempio il concetto di
discriminazione positiva, n.d.r.). Quindi, nel nome di una perfetta uguaglianza,
nascono gruppi privilegiati, che hanno un particolare regime giuridico che li
protegge, la loro legge privata, il loro privilegio, la loro intoccabilità. Nei
loro riguardi la libertà di espressione e di critica è soppressa e viene
qualificata con tutto ciò che oggi assume il suffisso fobia. Tutto ciò
distruggerà le libertà di espressione, di pensiero e le libertà pubbliche.
La religione dei diritti umani non riconosce una sfera
privata protetta dalla legge, ma vi si insinua prescrivendo come norma assoluta
e universale quella dell’amore assoluto per l'altro. Da qui la nascita di un
regime disciplinare che impedisce, il nome dell’uguaglianza assoluta, anche di
nominare le differenze. La manifestazione di opinioni non conforme ai dogmi
rappresenta un nuovo crimine religioso. Rientra in ciò il divieto di critica
dell’immigrazione.
Gli europei vengono oggi ingannati e costretti a l'amore
unilaterale per l'altro, cioè lo straniero. Ciò significa la rinuncia alla
preservazione dell'identità, alla difesa dei propri interessi, all'amore della
patria, alla continuità della famiglia, all'organizzazione della sicurezza e al
rigore della giustizia. E questo è il risultato del carattere impraticabile dei
precetti evangelici come regole del diritto. Essi, infatti, determinerebbero la
fine stessa del diritto, cioè della giustizia pubblica differenziata dai
sentimenti privati. Ma ciò non è cristiano. Infatti, Gesù non ha voluto essere
un creatore diritto, ma il maestro di una morale personale che permettesse di
accedere al regno di Dio. La sua, come giustamente si esprime Paul Veyne, è una
religione della salvezza nell'aldilà e non un progetto politico per questo
basso mondo. Michel Villey, dal canto suo, dice che le prescrizioni evangeliche
sono imprecise ed esigenti fino all’eroismo; dal punto di vista della giustizia
essi si riassumono in un paradosso permanente. Lo è per esempio la predilezione
per il nemico. Perciò Villey sosteneva che non bisogna confondere il Regno dei
cieli con il diritto, usando i consigli di perfezione evangelica contro il
prossimo e l'ordine pubblico, e trasportandoli indebitamente nell'ufficio del
giudice terrestre. I valori evangelici come, per esempio, amare il proprio
nemico e porgere l'altra guancia, sono percorsi di santificazione individuale
che diventano socialmente catastrofici. L'amore divino trasportato nella forma
terrena genera stridenti ingiustizie: lo si vede bene in materia penale dove
oggi è più importante il riscatto dei criminali e la loro redenzione terrena.
Il criminale è la pecora smarrita, solo lui conta veramente e conta molto di
più delle vittime. Quando la società perdona si genera ingiustizia: l'amore per
il criminale genera l’inferno per gli innocenti.
Allo stesso modo l'amore universale distrugge la famiglia
in nome dell’uguaglianza e della libertà, introducendovi i diritti individuali,
come il divorzio e l'aborto. Insomma, la libertà sovrana dell'individuo
corrisponde al disprezzo gnostico di ogni ordine naturale, sostenuto dalla
tradizione biblica. Allo stesso modo implica il rifiuto di ogni differenza,
compresa quella sessuale, per generare individui affrancati dal rispetto della
natura. Questa franchigia, applicata a comandamenti del Decalogo come onorare
il padre la madre, dà vita a delle pseudo famiglie bi-paterne o bi-materne.
In altro ambito, ciò è del tutto coerente con la predilezione di Marcione per
il criminale, per il nemico, che oggi è ripresa da una giustizia dominata dalla
religione dei diritti dell'uomo, la quale ha prodotto una società in cui il
comandamento non uccidere non è preso davvero del tutto sul serio, se
non per preservare gli assassini della pena capitale. In questa stessa società
però, il libero e sovrano individuo può chiedere di farsi uccidere. E
l'uccisione è peraltro ammessa nel caso dell'aborto. Indubbiamente Marcione è
il grande ispiratore della società contemporanea.
Cap. IV: I diritti dell’uomo al servizio dell’immigrazione
colonizzatrice
Quando, per mezzo del ricongiungimento familiare, si passa
da un’immigrazione di lavoro un'immigrazione di colonizzazione, si
costituiscono nelle società di destinazione vasti gruppi nazionali la cui
identità è continuamente riattivata da nuovi arrivi. Tale forma di immigrazione
implica oneri finanziari insostenibili e problemi insolubili nell'educazione,
nella socialità, nella sicurezza e nell’ordine pubblico. L'esito necessario è
una divisione della società e uno spossessamento del popolo originale. Ciò
accade a causa del millenarismo umanitario che accoglie coloro che mostrano di
non aver nessun interesse a integrarsi. Esso, facendo dell'immigrazione un
diritto umano, mette a rischio la civiltà che accoglie le masse di migranti.
L'immigrazione come diritto dell'uomo: un nuovo
millenarismo
Tutto parte dal dogma secondo cui l'immigrazione sarebbe un
fenomeno inevitabile e benefico. Essa sarebbe iscritta nella meccanica
irresistibile e benefica del senso della storia che va nella direzione di un
paradiso multietnico in Terra. Ecco allora che l'immigrazione diventa un
diritto umano che si attribuisce in particolare alla figura dell’immigrato-operaio
trasformata in figura cristica per affermare il diritto assoluto dell’immigrato
stesso a restare in quel Paese in cui pure si giunto illegalmente. Infatti, la
sua permanenza fa parte dell'avvenire radioso di un mondo multirazziale. Perciò
la religione dei diritti umani preferisce gli stranieri, gli immigrati e i loro
figli agli autoctoni. Il potere politico si deve piegare alla fatalità
dell'immigrazione che redimerà i corrotti popoli europei. Ciò è fondato sul sofisma
della medesima cittadinanza, come se il genere umano fosse politicamente
unificato. Così emerge l'idea portante dei fautori dell'immigrazione e cioè che
la distruzione delle nazioni precede ed è condizione dell'età dell'oro
dell'avvenire. Per distruggere la nazione bisogna però decomporre ugualmente la
famiglia e la scuola mediante una rivoluzione purificatrice. Così tale
battaglia a favore dell'immigrazione è una battaglia contro la nazione, la
città e la cittadinanza.
La necessità economica dell’immigrazione: un falso
argomento
L'idea che l'Europa abbia bisogno di immigrati è falsa. Gli
economisti dicono che con l'immigrazione non c'è stato nessun aumento del Prodotto
Interno Lordo per abitante. Gli immigrati, peraltro, sono più assistiti
rispetto a quanto ammontano i loro contributi. Inoltre, non è vero che occupano
i posti che gli europei non vogliono. Accetteranno di lavorare in questi posti
finché sono irregolari e lo faranno per un salario minore. Questo già procurerà
un abbassamento dei costi del lavoro a favore dei datori di lavoro, fino a che
la necessità di una regolarizzazione non determinerà l'abbandono di quei posti
precedentemente occupati. In ogni caso, alla luce dell'abbassamento del costo
del lavoro che immediatamente produce l'immigrazione, gli industriali sembrano
adeguarsi e associarsi alla sinistra radicale nel sostenere l'apertura
indiscriminata delle frontiere, anche a costo di un rallentamento nel lungo
periodo dei progressi della produttività. Pertanto, l'Europa non ha bisogno di
immigrati, ma è vero è il contrario: gli immigrati hanno bisogno dell'Europa. Essi,
però, ne approfittano per promuovere un'immigrazione di colonizzazione fatta da
famiglie, spesso numerose, la cui massa finisce per costituire una popolazione
dentro la popolazione.
I diritti dell’uomo generatori di una contro-società
L'immigrazione, soprattutto dal Maghreb, implica precise strategie
matrimoniali. Una volta regolarizzato giuridicamente un individuo, questo ha il
diritto a richiamare i congiunti e a favorire dunque nuovi ingressi. Ciò promuove
l'incremento delle comunità di immigrati e una diaspora di persone che non
intendono integrarsi e a volte mostrano ostilità verso la società francese. Si
tratta di un’immigrazione non più di individui, ma di popolazioni che, per la loro
stessa natura, è molto difficile, se non impossibile, integrare. Dunque, nasce un
contro-popolo e un contro-società nei Paesi di accoglienza. Nascono
piccole-grandi comunità con i loro codici e i loro usi e costumi all'interno della
società ospitante. Questi tendono ad assumere il monopolio di alcuni quartieri,
dove ricevono alloggi sociali, i quali per questo motivo diventano quartieri
etnici. Questi ultimi sono un abisso finanziario di sovvenzioni pubbliche,
anche per mezzo di associazioni ad hoc che vorrebbero favorire
l'integrazione ma non la producono quasi mai. Le politiche dello Stato
discriminano gli autoctoni a favore dei quartieri etnici. Dal 2004 al 2013 sono
stati concessi crediti per circa 40 miliardi di euro, cui si aggiungono i
grandi lavori infrastrutturali e l'immensa quantità di spesa pubblica a
carattere sociale, familiare, medico. A tutto ciò, infine, si aggiunge il costo
della delinquenza e del mantenimento difficile dell'ordine pubblico. Ciò non ha
favorito l'integrazione, bensì, come dice Robert Putnam, l'abbassamento della
fiducia tra individui a causa della diversità etnica.
I diritti dell’uomo, arma dell’immigrazione contro la
Francia
Gli immigrati non si sentono eredi della cultura francese e
non desiderano vivere da francesi con i francesi. Anzi l'Islam è una civiltà
profondamente antagonista alla nostra. Di qui l’ostilità alla Francia da parte
degli immigrati, come ha dimostrato la rivolta del 2005 che, secondo René Remond,
ha mostrato la chiara intenzione da parte degli immigrati di non integrarsi. L'immigrato
cerca piuttosto benefici sociali e a volte mostra la volontà di rivendicare contro
la Francia il prezzo di ciò che essa gli ha sottratto con la colonizzazione.
Dunque, c'è un’immigrazione di rivendicazione e di interesse. Su questa ultima
questione bisogna dire che la Francia è una sorta di diamante sociale grazie
alla delirante prodigalità dello Stato-Provvidenza francese. Infatti, gli
immigrati godono di una protezione sociale e medica straordinariamente generosa,
e ciò è un fattore che favorisce l'aumento dei flussi. Questi hanno per
obiettivo il vivere secondo gli usi religiosi e sociali dei paesi d'origine ma,
grazie allo Stato francese, con un livello di vita più alto. Ciò è possibile
agli immigrati grazie ai diritti umani.
L’angoscia degli abitanti di buona volontà
Nei riguardi dei popoli ospitanti si manifesta spesso un
razzismo anti bianco, frequentemente unito ad un razzismo verso chi, dentro le
comunità di immigrati, si vuole integrare e non rispetta le prescrizioni socio-religiose
della comunità stessa. Delle politiche filo-immigrazione fanno quindi le spese
anche le classi popolari autoctone, i cosiddetti Petit Blancs. Nei
quartieri degli alloggi sociali, l'immigrazione di colonizzazione li respinge ed
essi fuggono per evitare le grandi concentrazioni etniche con le quali
verrebbero a confrontarsi. Ecco allora una diaspora dalle città alle zone
rurali, di cui però lo Stato si disinteressa. I Petit Blancs avvertono
allora di essere cittadini di serie B, lontani dai servizi (scuole, tribunali,
uffici postali, impieghi) e dall'offerta scolastica di qualità. Se i popoli, e
le classi più disagiate in essi, fossero stati consultati, non avrebbero mai
permesso una simile discriminazione nei loro confronti. Ma questa ha potuto
esservi perché l'immigrazione è stata imposta in modo subdolo da governanti e
da giudici.
Cap. V: Resistere ai diritti dell’uomo per sopravvivere come
popolo
I popoli autoctoni sono stritolati da un uso strumentale
dei diritti dell'uomo, portato avanti da persone che possono essere considerate
i collaborazionisti (collabos) della loro stessa distruzione. Di
fronte a questo processo si impongono due imperativi: anzitutto bloccare il
flusso migratorio; poi fermare il processo della conquista musulmana. Per fare
ciò la Francia deve rompere con la religione suicidaria dei diritti dell'uomo.
Differenziare per bloccare i flussi migratori
Anzitutto, per fermare la religione dei diritti dell'uomo,
bisogna affermare il diritto al rispetto della propria identità e all'amore
prioritario per se stessi. In conseguenza, è necessario far presente che la
Francia non è un soccorso sociale e medico dell'universo intero. Pertanto,
bisogna rinunciare a offrire prestazioni di welfare che incentivano
l'immigrazione illegale; bisogna interrompere i ricongiungimenti familiari e ammetterli
solo per chi ha acquisito la nazionalità rispondendo a precisi requisiti: la
conoscenza della lingua, dei valori, dei costumi, della storia del Paese ospitante.
Insomma, quest'ultimo deve avere la libertà di accogliere solo chi ritiene
idoneo e deve anche essere libero di compiere necessarie differenziazioni. In
particolare, bisogna distinguere tra il cittadino e il non cittadino, distinzioni
come questa servono a bloccare in generale i flussi e in particolare anche
quelli dei terroristi Islamisti.
Sottomettere l’Islam a un regime derogatorio
Per proteggersi contro l'Islam bisogna sottometterlo a un
regime derogatorio che gli imponga la rinuncia a governare l'insieme della vita
sociale e lo costringa a limitarsi alla sfera privata. Per questo non bisogna
cedere alle rivendicazioni musulmane, dato anche che in terra di miscredenti
gli islamici sono dispensati dagli obblighi coranici. E la Francia deve rimanere
per l'Islam una terra di miscredenza. A tal fine bisogna rifiutare le
concessioni sul piano alimentare, del vestiario e di altro genere, impedendo
anche la costruzione di moschee trionfaliste di stile arabo, finanziate da Stati
che vietano le chiese nel loro territorio.
Ispirarsi al modello svizzero
Bisogna fare come in Svizzera dove hanno vietato i minareti,
bloccando l'Islamizzazione dello spazio pubblico e in particolare di quello
visivo-sociale. Queste sono misure di legittima resistenza che si devono
associare al divieto del velo, allo scoraggiamento dell'uso del fazzoletto islamico,
alla fine della tirannia dei divieti alimentari e all'idea ipocrita della
separazione dei sessi, soprattutto nel campo delle cure mediche. Tale deroga
dai diritti garantiti ad altri è giustificata dal fatto che l'Islam è anzitutto
un sistema politico giuridico che di fatto si oppone alla civiltà
francese-europea. Per tale motivo non bisogna assolutamente rinunciare a
evidenziare la diversità di trattamento tra il cristianesimo e l'Islam. Infatti,
i cristiani non minacciano affatto il carattere secolare della civiltà europea.
Anzi, ci si deve augurare il mantenimento in Europa dei simboli cristiani come
protezione contro l'impresa conquistatrice dell'Islam. La croce è il simbolo di
una distinzione tra ambito religioso e politico che ha caratterizzato il mondo
occidentale e che ne costituisce il principale baluardo. Per quel che riguarda
la storia, la civiltà, i valori è evidente che l'Europa è un’eredità cristiana
ed essa non può negarlo senza negare se stessa.
Conclusione
L’Europa con i diritti umani si è consegnata all’impotenza
collettiva (M. Gauchet). Ma il problema è anche che sui diritti umani non si
può fondare alcuna società, dal momento che essi sono un disgregatore sociale. Infatti,
un accumulo di diritti soggettivi non risolve il problema della vita in comune
e la protezione dell'individuo non basta ad organizzarla. A maggior ragione ciò
capita con l'immigrazione, a riguardo della quale i diritti umani degradano il
concetto di cittadinanza e di appartenenza comune. Contemporaneamente essi
favoriscono una contrapposizione basata sul fatto che ognuno nella società si
definisce come colui che “ha diritto ad avere dei diritti”. Così i diritti
umani diventano un utile strumento nella mano dei fanatici della prosternazione.
Per sopravvivere alla
loro invadenza bisogna rompere con il culto della non differenziazione e
introdurre una chiara distinzione tra autoctoni e stranieri. Bisogna rifiutare
il millenarismo su cui si fondano e bloccare l'Islam in quanto anzitutto codice
di norme di diritto comportamento che pretende di disciplinare l'intera vita
sociale. Per fare ciò bisogna emanciparsi dalla religione che impone diritti
astratti fondati sull’individuo astratto e intercambiabile che gli
immigrazionisti immaginano costituire la società. Al contrario diritti così
concepiti in modo astratto risultano non validi per tutti e in tutte le
circostanze perché l'uomo è un individuo che appartiene ad una certa comunità e
ad una certa società. Prova ne sia che tutto il sistema dei diritti dell'uomo,
pensato tempo fa per proteggere i cittadini dai governanti, ora, alla luce dell’immigrazione,
è diventato il cavallo di Troia per distruggere la cittadinanza. Bisogna allora
tornare ai diritti dell'uomo come difesa delle libertà pubbliche e in
particolare quella di pensiero, che oggi va sempre più perdendosi e che i
musulmani mostrano di non tenere in alcun conto (cfr. The Cairo Declaration
on Human Rights). Così, considerando la nazione come principio della
sovranità, (Dichiarazione del 1789) si potrebbe restituire al popolo francese
il diritto di potersi esprimere su questioni vitali per la sua sopravvivenza.
[1] “E vidi un angelo che
scendeva dal cielo con in mano la chiave dell'Abisso e una grande catena.
Afferrò il drago, il serpente antico, che è diavolo e il Satana, e lo incatenò
per mille anni; lo gettò nell'Abisso, lo rinchiuse e pose il sigillo sopra di
lui, perché non seducesse più le nazioni, fino al compimento dei mille anni,
dopo i quali deve essere lasciato libero per un po' di tempo, lo gettò
nell’Abisso, ve lo rinchiuse e ne sigillò la porta sopra di lui, perché non
seducesse più le nazioni, fino al compimento dei mille anni. Dopo questi dovrà
essere sciolto per un po’ di tempo. Poi vidi alcuni troni - a quelli che vi
sedettero fu dato il potere di giudicare - e le anime dei decapitati a causa
della testimonianza di Gesù e della parola di Dio, e quanti non avevano adorato
la bestia e la sua statua e non avevano ricevuto il marchio sulla fronte e
sulla mano. Essi ripresero vita e regnarono con Cristo per mille anni; gli
altri morti invece non tornarono in vita fino al compimento dei mille anni.
Questa è la prima risurrezione. Beati e santi quelli che prendono parte alla
prima risurrezione. Su di loro non ha potere la seconda morte, ma saranno
sacerdoti di Dio e del Cristo, e regneranno con lui per mille anni” (n.d.r.).
N.B. I testi di questo blog sono liberamente riproducibili, ma non a fini di lucro e a patto di citare in modo chiaro e visibile la fonte (vendemmietardive@blogspot.com) e l'autore, mantenendo inalterato contenuto e titolo.
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