Il 28 luglio…panettone!!!
Qui ad Arequipa, nel sud del Perù è il dolce della festa dell’indipendenza. Non
mi si chieda com’è giunto in Sudamerica … forse è merito di un eroe dei de
mondi, forse di un immigrato milanese nostalgico di ben più brumosi Natali … forse
è come la teoria di Kant-Laplace o il calcolo infinitesimale di Leibniz-Newton:
ognuno ci è arrivato per conto proprio (il panettone come destino
dell’Occidente?)[1].
In ogni caso, a parte i
dolci comandati, qui ad Arequipa l’indipendenza
nazionale è una cosa seria. Il Perù è una cosa seria. Vi si realizza talora una
totale sintonia tra Stato e popolo. E non parlo dei governi più o meno corrotti
e del giustificato disincanto per la politica, ma più in profondità di
istituzioni come esercito, tutori dell’ordine, scuola, raggruppamenti della
società civile, Chiesa; tutti assieme a formare un grande coro che si eleva
ovunque per celebrare la Patria comune. Ricchi e poveri, giovani e vecchi ho
visto marciare, fieri della loro appartenenza, in una delle tantissime parate
che in città e in ogni paesino dell’hinterland
si celebrano con palchi, bande, discorsi, gente che esibisce il vestito della
festa, donne in abiti tradizionali, bambini che in fila ordinate,
orgogliosamente con i loro fucili di legno, seguono passo passo i reparti
militari dei loro fratelli più grandi. E poi a Quequeña, pochi chilometri fuori da
Arequipa, la piazza è piena di colori, la musica e gli inni sposano gli odori
di chicha morada (la bevanda
nazionale, a base di mais bollito) e delle parrillas,
le griglie già calde per accogliere tutti i tipi di carne (in special modo i
porcellini d’India, chiamati onomatopeicamente “cuy”).
Sembrerebbe questo
Paese, denso di contraddizioni, attraversato da radicate disuguaglianze sociali
e afflitto da numerosissime carenze infrastrutturali: dalle strade, alla
sanità, al sistema produttivo, sembrerebbe, dicevo, non avere motivo per far
festa né per generare orgoglio. Tanto più che le élites dominanti sono responsabili di non aver valorizzato le
enormi ricchezze che offre il territorio peruviano, soprattutto il suo
sottosuolo ricco di petrolio, gas e metalli preziosi.
Invece no! Un popolo
povero ma dignitosissimo celebra la sua esistenza e ribadisce la sua voglia di
andare avanti ispirandosi a quei valori di comunità, dedizione, sacrificio ed
eroismo che sempre offrono la cornice di senso alla vita dell’individuo. E la
Chiesa partecipa con entusiasmo. I suoi sacerdoti promuovono in ogni più
piccola parrocchia, dove spesso campeggia a lato degli altari la bandiera
nazionale accanto a quella del Vaticano, una preghiera speciale per il Perù,
consapevoli che il cammino verso la Patria celeste comincia qui ed ora nella
Patria terrena, quella stessa che il loro Signore Gesù mai ha rinnegato o
sminuito.
Manifesto appeso nella chiesa della Asunción di Chucuito, sulle rive del lago Titicaca
Il 28 luglio 1821 José
de San Martin entrò a Lima, battendo gli spagnoli. L’indipendenza di tutto il
Perù era ancora lontana, ma questa prima decisiva vittoria era già il Perù. Da quel momento bisognerà camminare da soli lungo
una strada difficile perché i nemici della libertà della nazione sono tanti, e
molto più pericolosi di una Spagna ormai lontana dai suoi fasti imperiali. Solo
due anni prima della proclamazione della dottrina Monroe, nuovi imperi si
affacciano sul continente e ne minacciano vita e prosperità.
La battaglia non è
dunque finita. Anche per i nuovi, subdoli e striscianti avversari, che alle
armi più spesso preferiscono il soldo, la setta e la Coca Cola, bisogna
preparare un 28 luglio. Credo sia questo uno dei compiti più difficili e
affascinanti del Perù del futuro.
[1] La
tradizione orale afferma che all’origine di tutto fu la panificadora “Las Americas” fondata da un certo italiano di nome
Galletti in Calle san Juan de Dios ad Arequipa negli anni Cinquanta del secolo
scorso.
N.B. I testi di questo blog sono liberamente riproducibili, ma non a fini di lucro e a patto di citare in modo chiaro e visibile la fonte (vendemmietardive@blogspot.com) e l'autore, mantenendo inalterato contenuto e titolo.
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